Tracciare le coordinate di un conservatorismo verde diventa una priorità che il mondo culturale, politico, economico italiano non può più rimandare. Le conseguenze della mancata creazione di un'agenda verde di matrice conservatrice e identitaria, sono il predominio incontrastato del mondo liberal sui temi ambientali con ricadute devastanti per le imprese e per la salvaguardia delle nostre tradizioni.
Mentre in altri Paesi europei è in corso un dibattito sulla necessità di un ecologismo di matrice conservatrice, in Italia, salvo rare eccezioni, intellettuali e politici nostrani sembrano non interessarsi al tema con la dovuta attenzione.
Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna è alla ribalta il green conservatism, di recente la rivista dell'Intercollegiate Studies Institute (think tank conservatore presieduto da Johnny Burtka) ha pubblicato un articolo di Kai Weiss e Christopher Barnard intitolato The Return to Green Conservatism.
Non a caso uno dei primi presidenti a impegnarsi per la tutela dell'ambiente è stato il repubblicano Teddy Roosevelt che ha definito le meraviglie della natura «the most glorious heritage» e anche il mondo culturale conservatore anglofono si è occupato a lungo dell'ecologia e della natura. Oltre a Roger Scruton e al suo concetto di oikofilia, altri autori come Richard Weaver si sono espressi a favore di un conservatorismo verde: «l'uomo ha un dovere di venerazione verso la natura» poiché è «l'eredità di un creatore». Il legame con Dio emerge anche dalle parole del poeta T.S. Eliot che sottolinea il collegamento tra ambientalismo e religione per cui «un atteggiamento sbagliato nei confronti della natura implica anche un atteggiamento sbagliato verso Dio». Esiste d'altro canto un fondamento biblico alla conservazione della natura già nella Genesi in cui emerge come gli uomini abbiano il dominio su tutte le creature e perciò siano responsabili anche della cura del mondo, se ciò non dovesse avvenire, si scatenerebbe l'ira di Dio.
Tra i conservatori contemporanei, Daniel Hannan, che ha contribuito alla scrittura del libro Green Market Revolution da cui è nato un progetto per far convivere le esigenze dell'ambiente con quelle dell'economia, sostiene che «la natura, più di ogni altra cosa, incarna la definizione di società di Edmund Burke come un accordo tra i vivi, i morti e i non ancora nati».
Quanto avviene in Usa e Uk non è solo un movimento culturale ma anche politico, organizzazioni nate di recente come l'American Conservation Coalition e la British Conservation Alliance hanno coinvolto migliaia di giovani per proporre un ambientalismo alternativo a quello della sinistra riprendendo l'eredità di Scruton e Russell Kirk.
In Gran Bretagna sta facendo discutere il nuovo piano ambientale proposto da Boris Johnson, come scrive il primo ministro inglese sul Financial Times: «È tempo di pianificare il nostro green recovery». Si può discutere nel merito delle misure adottate ma va riconosciuto al leader del Conservative party di aver posto la questione ambientale al centro della propria agenda politica. D'altro canto, già da sindaco di Londra, Johnson si era distinto per una serie di iniziative a favore dell'ambiente, pioniere nella mobilità sostenibile con un forte incremento dell'utilizzo delle biciclette nella capitale britannica. Il suo piano ha suscitato malumori perché giudicato da alcune componenti del partito conservatore troppo basato sugli investimenti pubblici e poco su una competizione tra i produttori delle diverse fonti energetiche, mentre laburisti e Green Party sostengono le risorse stanziate siano insufficienti.
A onor del vero, la Gran Bretagna ha un'importante tradizione culturale dedicata al conservative environmentalism come ricorda la rivista The Critic in un articolo in cui si rivolge al partito conservatore, «un tempo partito della campagna che dovrebbe tornare ad esserlo poiché potrebbe anche portare voti». Per farlo occorre partire dalla riscoperta dell'eredità culturale dei due principali scrittori inglesi del Novecento: Tolkien e Lewis.
Un pensiero condiviso anche al di là della Manica dove Éric Zemmour, dalle colonne di Le Figaro, ha sottolineato la differenza tra un'ecologia «essenzialmente conservatrice interessata a trasmettere la tradizione» e una basata sull'«individualismo epicureo e globalista sessantottino, agli antipodi del vero pensiero ecologico».
E in Italia? Tra le poche eccezioni occorre segnalare il blog Terra dei figli. Un ambiente di idee per chi ama la patria ideato da Nicola Procaccini con la consapevolezza di recuperare «esperienze e valori che appartengono da sempre ai conservatori per difendere il nostro territorio e la nostra nazione, quella terra dei padri che è il bene più prezioso che possiamo trasmettere ai nostri figli».
Parafrasando Greta Thunberg, emblema di tutto ciò che non è un ecologismo identitario, occorre fare presto, non perché il nostro pianeta sta bruciando (la
narrazione catastrofista è un altro degli aspetti da superare), quanto perché il mondo liberal si sta impossessando in modo egemonico della tematica ambientale. È tempo di un conservatorismo verde prima che sia troppo tardi.
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