Un coro di voci autorevoli per capire esodo e foibe

Pronto il podcast in 36 interventi dove studiosi e giornalisti ricostruiscono la tragedia storica

Un coro di voci autorevoli per capire esodo e foibe

Quest'anno per il giorno del ricordo, pensato per rendere condivisa la memoria dei massacri delle foibe e l'esodo giuliano dalmata, arriva uno strumento davvero importante per far in modo che la storia di quei terribili avvenimenti diventi accessibile e comprensibile a tutti. Si tratta di un progetto chiamato La lunga storia del Confine Orientale. Le relazioni politico-culturali tra l'Italia e gli Stati rivieraschi dell'Adriatico nell'Ottocento e nel Novecento. Consiste in un podcast con una serie di interventi, realizzati da alcuni dei più importanti studiosi ed intellettuali che si sono occupati del tema, e rende disponibile in pillole audio la Storia lunghissima che, purtroppo, a portato ad una delle più violente pulizie etniche mai subite dagli italiani. Consente, anche, di inserire l'atroce vicenda in quel percorso, complesso e carsico, che poi è nuovamente esploso nella guerra civile jugoslava degli anni Novanta. Ma non solo, evitando di ridurre la storia degli italiani di Dalmazia e d'Istria al momento dell'esodo, regala all'ascoltatore un quadro completo di quel mondo complesso che è stato l'Adriatico, un mare che ha unito e diviso i popoli e le culture.

A curare l'iniziativa è stata la Federazione delle Associazioni degli Esuli Fiumani, Giuliani e Dalmati, che ha operato in collaborazione con la Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice. Per creare una memoria condivisa, onesta e chiara, sono stati realizzati trentasei audio che, da oggi, saranno disponibili gratuitamente sulle principali piattaforme di ascolto (questo il link per accedere https://anchor.fm/federesuli), a partire da Spotify, che consentono di approfondire un singolo argomento -spaziando da La cultura veneta in Adriatico a Il silenzio sulle foibe e sull'esodo passando per La questione del confine italo-jugoslavo alla Conferenza della Pace di Parigi- oppure seguire tutto il percorso. Il che equivale, quasi, a fare un piccolo corso universitario dove tra gli altri professori e storici si possono ascoltare: Massimo de Leonardis, Giuseppe de Vergottini, Gianni Oliva, Giuseppe Parlato, Raoul Pupo, Davide Rossi, Andrea Ungari, Luciano Violante. Ci sono anche contributi giornalistici come il brano di Giampaolo Pansa (1935-2020) o quello di Nicola Porro che si è assunto il compito di spiegare proprio il perché sia così importante fare «ricordo» attraverso un podcast: «Il 2021 è stato segnato dal tornare di vecchie posizioni sulle foibe e soprattutto sull'esodo che sono tutte volte a ridurre e a giustificare... e talvolta addirittura a negare la tragedia. Si basano su una visione ideologica e prescindono completamente dalle ricerche serie fatte da storici di varia sensibilità». Come spiega ancora Porro, consentono a provocatori di varia natura di «campare di rendita pubblicitaria». Il podcast è proprio uno strumento per affrontare questa deriva «unendo la competenza di studiosi affermati con la semplicità di linguaggio».

Il risultato sono 36 interventi (di alcuni argomenti esiste una doppia versione, lunga o corta) che hanno il grandissimo pregio di creare un quadro che non si ferma al «secolo breve». Ad esempio Egidio Ivetic, professore di Storia Moderna all'università degli Studi di Padova, ricostruisce in dettaglio come a lungo l'Adriatico sia stato considerato semplicemente «il golfo» il prolungamento naturale di Venezia verso il mondo. Largo spazio è dato anche all'Ottocento dove lo sfaldamento del prestigio dell'Impero asburgico, e di questo si parla davvero poco in altri contesti, ha contribuito alla polarizzazione etnica di Istria e Dalmazia e a creare presupporti pericolosi per il secolo a seguire. Le città costiere come spiega Ester Capuzzo, della Sapienza di Roma, restano prevalentemente italiane e con un'aspirazione moderna e borghese che guarda verso Trieste; l'entroterra invece prende sempre più caratteristiche nazionaliste croate e slovene. Si iniziano a creare fratture che nessuno saprà sanare, discussioni sulla lingua si trasformano in tensioni che da Vienna non erano in grado di gestire. Già nel 1907 alle elezioni la contrapposizione nazionale prevaleva su altre divisioni politiche. Non si nascondono nemmeno le colpe dell'Italia fascista come spiega Massimo Bucarelli in l'Italia Fascista e la Jugoslavia. L'Italia fu ondivaga nel passare da rivendicazioni nazionaliste alla collaborazione con la Jugoslavia. Mussolini nel 1922 puntò, nonostante la propaganda, alla pacificazione spartendo Fiume, ma vide l'Italia farsi garante della Jugoslavia. O meglio un forte appoggio alla componente serba della Jugoslavia contribuendo ad aumentare la tensione tra italiani, croati e sloveni. Quindi nessuna rimozione di responsabilità comprese quelle degli italiani durante la Seconda guerra mondiale.

Responsabilità che però non possono in nessun modo sminuire la violenza subita dagli italiani. Come spiega bene Gianni Oliva che punta il dito soprattutto sul lungo omertoso disinteresse che è stato una seconda e tremenda violenza sulle vittime, sia sui morti che sui costretti alla fuga, perdendo tutto, a partire dall'identità: «Perché ancora oggi il tema stenta ad entrare nella coscienza collettiva e nazionale? Questo dipende da tre silenzi». Quali quello internazionale che non vuole irritare Tito che si è allontanato da Mosca. Poi c'è «un silenzio di partito» che riguarda soprattutto il Comunismo italiano che sapeva benissimo di aver appoggiato, lo ordinò chiaramente Togliatti, l'occupazione jugoslava, e sapeva che c'era stato un atteggiamento di fiancheggiamento attivo da parte di comunisti italiani alle violenze e agli eccidi. E poi c'è stato un silenzio diplomatico di Stato: mirava a minimizzare la sconfitta e a rappresentare l'Italia in maniera «partigiana» e «resistente» per non dover fare i conti col passato. Anche passando sulla pelle degli esuli, evitando tensioni e recriminazioni sulla vecchia Italia mussoliniana.

Gli anni però sono passati ed è tempo di riflettere compiutamente su tutta la vicenda per giungere ad una memoria reale e condivisa. Che non può nascere dalla cancellazione dei fatti o dal continuare ad applicare pezze ideologiche per nascondere la violenza titina.

Questo podcast aiuta ad andare oltre, per creare una coscienza nuova (molto bello l'intervento di Davide Rossi che delinea la situazione contemporanea). Se lo si fosse fatto prima si sarebbe forse potuto gestire diversamente anche il disastro della dissoluzione violenta della Jugoslavia.

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