"Così uomini qualunque ricreano un paradiso"

Il documentario "Paradise" racconta la lenta rinascita di una cittadina distrutta dal fuoco

"Così uomini qualunque ricreano un paradiso"

Sono passati esattamente due anni era il novembre del 2018 quando il famigerato Camp Fire, nella California del nord, uccise 85 persone e bruciò un'area geografica di 600 chilometri quadrati. In quell'area c'era la cittadina di Paradise, 50 mila abitanti tutti costretti a sfollare, il 95% delle strutture andarono distrutte con il fuoco. Camp Fire detiene più di un record: è l'incendio boschivo più letale della storia degli Stati Uniti e il peggior evento naturale della storia della California.

Ron Howard, regista di successo ed ex personaggio televisivo amato da generazioni di spettatori in tutto il mondo - chi non lo ricorda nei deliziosi panni di Richie Cunningham di Happy Days?-, è molto affezionato a Paradise, lì infatti risiede la famiglia della moglie. Gli abitanti di Paradise non si sono arresi a quella tragedia e in due anni hanno ricostruito la loro cittadina dal nome celestiale. Rebuilding Paradise (titolo italiano: California, Paradiso in fiamme) è il film con cui Ron Howard ha documentato quella ricostruzione. Il documentario andrà in onda su National Geographic (Sky, 403) lunedì 30 novembre in prima serata. «Non ci sono dubbi, i cambiamenti climatici hanno contribuito all'aumento degli incendi - afferma il regista -. Quel che sta succedendo ai nostri boschi dovrebbe suonare per tutti come un campanello d'allarme».

Mr Howard, lei conosce bene Paradise

«È la città dove mia suocera è vissuta negli ultimi anni della sua vita, amo questa piccola comunità. Le sensazioni provate in quei momenti, vedere tutti quei camion dei vigili del fuoco, le case che bruciavano, gli animali che correvano impazziti, faceva male, era uno scenario apocalittico».

È stata questa la ragione per cui ha deciso di passare un anno a documentare la ricostruzione?

«Prima di iniziare questo progetto mi sono fatto delle domande. Mi sono chiesto se potevamo immergere le nostre telecamere nella ricostruzione della comunità senza essere invasivi. La gente ci accoglierà? Riusciremo a fare in modo che il pubblico si metta nei loro panni?».

Il titolo originale riporta a immagini celestiali: ricostruire il Paradiso.

«Eppure mi sono chiesto se fosse un titolo appropriato per un film su una tragedia di tali proporzioni, ma era esattamente quello che vedevo succedere intorno a me. Quello che gli abitanti facevano, giorno dopo giorno era ricostruire il loro piccolo paradiso. C'erano più ostacoli che momenti facili ma quella gente mi ha sorpreso. C'era da smaltire mezzo milione di alberi bruciati e c'erano da risolvere problemi complessi, molto al di sopra della giurisdizione locale».

Alla fine la nuova Paradise è una città migliore.

«Esatto, la nuova città è più intelligente, più ecologica e più sicura. Ora la città rischierebbe meno se dovesse di nuovo trovarsi al centro di una tempesta perfetta come quella del novembre 2018».

Quel che è successo solo è colpa dell'uomo?

«La causa di quel che è successo ha a che fare con il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici. Vorrei con il mio film indurre la gente a pensare che prevenire è meglio che dover ricostruire, che quello che deve passare la popolazione costretta a vivere una situazione del genere è traumatico ma evitabile. Tutto dipende in larga parte da come decidiamo di trattare il nostro pianeta».

Lei aveva già avuto a che fare con il fuoco, dirigendo, nel 1991, Fuoco Assassino con Kurt Russell, William Baldwin e Robert De Niro.

«Sono state due esperienze totalmente diverse. Una cosa è avere a che fare con il fuoco controllato dagli addetti ai lavori, un'altra è dover confrontarsi con il caos devastante di un fuoco vero. In vita mia non ho mai sperimentato nulla di così distruttivo».

A proposito di esperienze, tornerebbe a recitare? Tanti fan di Happy Days ne sarebbero felici.

Mi piacerebbe, ci penso spesso. Il fatto è che ogni volta che mi si prospetta la possibilità ho sempre qualche altra cosa da fare».

Ed è vero: Howard ha appena completato il montaggio del film Elegia Americana, con Glenn Close e Amy Adams e sta girando un documentario sullo chef ispano-americano José Andrés.

Intanto prepara il terreno per la regia di Thirteen lives, il film che racconta un fatto di cronaca dell'estate del 2018, quando 13 ragazzi di una squadra di calcio in Thailandia vennero salvati dopo essere rimasti intrappolati per giorni in una cava.

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