Gallina vecchia non fa solo buon brodo, ma anche tanti incassi al cinema. Cosa più unica che rara in un panorama attuale da «De profundis» del botteghino cinematografico. Merito di una star come ne sono rimaste poche al giorno d'oggi, in un mondo dove l'etichetta di divo viene, troppe volte, appiccicata frettolosamente ad attori ed attrici e non solo. Perché se c'è uno, tra i pochi, forse l'unico (insieme a Clint Eastwood), che ha tutto il diritto di considerarsi tale, costui è Thomas Cruise Mapother IV, universalmente conosciuto come Tom Cruise. Che ricompare, ogni tanto, al cinema, come le vecchie fidanzate su Facebook, quelle che, in foto, sembrano ringiovanire con il passare degli anni, facendoti, magari, rimpiangere le scelte fatte.
Lui, lo rivedi, sul grande schermo, in Top Gun: Maverick, a distanza di 36 anni dal primo Top Gun che lo ha consacrato al mito e rimani basito. Stesso sguardo (l'unico, del resto) sul quale ha costruito una carriera, denti che più bianchi non si può, capelli bianchi tendenti allo zero. Giusto qualche rughettina appena accennata e il volto un po' più gonfio, ma alzi la mano chi non vorrebbe arrivare come Tom a 60 anni (li compie il 3 luglio) dopo aver fatto evidentemente un patto con il diavolo?
Qualche giorno fa, ha fatto passerella a Cannes per presentare il sequel, dove veste, ancora un volta, splendidamente, i panni di Pete «Maverick» Mitchell con iconico giubbotto di pelle con le toppe e cavalcando la vecchia GPZ. Accolto, ça va sans dire, come una star, con code chilometriche di fan ad attenderlo, standing ovation e celebrazione con montaggio di tutti i film di cui è stato protagonista. Anche se qualcuno aveva sorriso davanti alla sua affermazione: «Non succederà mai che i miei film non vadano in sala. La reazione del pubblico è fondamentale. Io vado spesso al cinema, con il berretto e i popcorn, mi piace sentire i commenti della gente, non smetto mai di imparare. Non c'è mai stata la possibilità che Top Gun: Maverick finisse su qualche piattaforma. Faccio film per il grande schermo».
Quasi un sassolino tolto dalla scarpa, ripensando a fior di colleghi che, invece, non vedono l'ora di passare all'incasso con lo streaming, senza rischiare con il passaggio in sala. Con tutti a pensare, visti i chiari di luna dei box office mondiali, «vedrai, caro sborone, che tranvata prenderai in sala». Ed invece, ancora una volta, la Mission: Impossible l'ha compiuta lui, riportando, incredibile, ma vero, la gente di nuovo nei cinema. Il sequel, del cult del 1986 allora diretto da Tony Scott, nel suo primo week-end «ufficiale» nelle sale, ha incassato 2 milioni 682 mila euro e, grazie alle anteprime del fine settimana precedente, ha racimolato già 3 milioni 948 mila euro totali. Roba da fargli accendere un cero sotto alla sua statua da parte di tutti i gestori di cinema. Negli Usa, per intendersi, ha rastrellato 124 milioni di dollari nel fine settimana del Memorial Day, miglior debutto della carriera quarantennale per l'attore.
Perché non dimentichiamocelo, Tom ha esordito nel 1981, in una particina, con Franco Zeffirelli in Amore senza fine, con accanto Brooke Shields. E, da allora, ha costruito la sua fortuna, anche economica, grazie a una carriera eterogenea, fallendo raramente l'obiettivo. Che poi, tutti a pensare a Top Gun, ma un film entrato nel mito è stato anche Risky Business Fuori i vecchi i figli ballano, primo ruolo da protagonista che, nel 1983, lo ha fatto conoscere al grande pubblico. Ha lavorato per i più grandi registi e non solo Zeffirelli, ma anche Francis Ford Coppola (I ragazzi della 56ª strada), Tony Scott (Top Gun e Giorni di tuono) e suo fratello Ridley per Legend. Ha recitato per Martin Scorsese (Il colore dei soldi), Barry Levinson (Rain Man), Oliver Stone (Nato il quattro luglio), Ron Howard (Cuori ribelli), Rob Reiner (Codice d'onore), Sydney Pollack (Il socio), Neil Jordan (Intervista col vampiro), Brian De Palma (Mission: Impossible), Cameron Crowe (Jerry Maguire, Vanilla Sky), Stanley Kubrick (Eyes Wide Shut), Paul Thomas Anderson (Magnolia), Steven Spielberg (Minority Report, La guerra dei mondi), Michael Mann (Collateral), J.J. Abrams (Mission: Impossible III), Robert Redford (Leoni per agnelli). Elenco forzatamente incompleto per mancanza di spazio, ma c'è da farsi venire i brividi a ripensare che questi film sono diventati dei blockbuster. Un Re Mida che tutto quello che interpreta trasforma in oro. E pensare che il suo sogno era fare wrestling. Poi, un giorno, cadde dalle scale mentre si allenava, lesionandosi un tendine e iniziando ad interessarsi alla recitazione. Strana, la vita. Certo, non c'è articolo biografico su Tom Cruise senza fare accenno a Scientology, religione di cui è seguace. Con tutti i «si dice» del caso, soprattutto nei divorzi con Kidman e Holmes. Separazioni che, in parte, hanno condizionato una parte della sua carriera. Un sex symbol assoluto, pettorali spesso bene in vista per umiliare il maschio italiano seduto in platea, ma morigerato. Non gira mai, ma mai, scene di sesso e quando gli tocca, da copione, far capire che si sta consumando, ne escono fuori sequenze non certo indimenticabili. Neanche, per dire, tra le orge di Eyes Wide Shut.
Potrebbe essere, insomma, l'emblema di «Pudicità Progresso», a dimostrazione che a Cruise basta solo il physique du rôle. Ora, gli manca solo una ultima consacrazione. Quella dell'Oscar. Come minimo, dovrebbero darglielo alla carriera.
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