"Dare spazio alla gente, il mio marchio di fabbrica"

Il giornalista torna con "Dritto e rovescio" su Rete 4: 140 persone in studio e non in piazza

"Dare spazio alla gente, il mio marchio di fabbrica"

Microfoni aperti alla gente comune. Non più nelle piazza. Ma in studio. La filosofia, però, è sempre la stessa: dare voce alle persone che vivono sulla propria pelle i veri problemi quotidiani. Insomma, Paolo Del Debbio torna a condurre un talk di approfondimento su Rete4, dopo che era stato un po' di mesi in disparte, almeno dal punto di vista televisivo. Da domani debutta il suo nuovo programma intitolato Dritto e Rovescio: in studio, oltre a politici e opinionisti, anche rappresentanti delle categoria di cui si parla, dagli operai, agli imprenditori, dagli studenti agli ambientalisti, dalle famiglie agli artigiani.

Insomma, Del Debbio, non è che il suo nuovo talk si discosti molto da quelli precedenti...

«Certo che no: dare spazio ai problemi della gente è il mio marchio di fabbrica. È quello che so e voglio fare. Altrimenti mi annoio a stare ad ascoltare sempre gli stessi politici o gli stessi ospiti».

Comunque ha abbandonato le piazze...

«Quello lo avevo già fatto l'anno scorso. Adesso abbiamo uno studio grande che può contenere 140 persone, che si possono suddividere in quattro settori. E questo ci consente di realizzare un programma diverso».

Quinta Colonna ha chiuso a maggio. Cosa ha fatto in questi mesi lontano da Mediaset?

«Ho scritto un libro dedicato a Ezio Vanoni, grande giurista del ventesimo secolo e ministro delle Finanze dal '48 al '53. Esce la settimana prossima, Edizioni Giuffrè. Insomma, sono tornato ai miei studi».

Come si è trovato senza telecamere?

«Benissimo. Non sono un fissato della tv, non ho astinenze da video, però il talk lo rifaccio volentieri perché ho un nuovo format».

In questi mesi si è detto che lei sia stato allontanato perché i suoi talk, dando spazio alle piazze più esagitate, avrebbero contribuito a spostare i voti da Forza Italia a Lega e 5Stelle...

«Veramente il Cavaliere in persona mi ha assicurato che non è vero che lui ha fatto in modo che io andassi via».

I suoi talk sono stati criticati per aver alimentato le divisioni all'interno della società...

«I dibattiti si possono fare solo in due modi, entrambi legittimi: o con gli opinionisti in studio oppure con la gente cui non si possono imporre filtri. Il problema non è la tv che racconta i problemi della gente, ma la politica che si è allontanata dalla gente. I governanti non sanno nulla delle periferie e della vita quotidiana».

Ma a volte non ci sono state esagerazioni?

«Ovvio che ci sono state, quando si lavora si sbaglia. Ma se la gente si lamenta non è colpa dei conduttori televisivi. Come è altrettanto vero che la televisione può creare consenso o dissenso e influire sul pensiero comune raccontando fatti».

Si è sentito abbandonato dai vertici Mediaset in questi mesi?

«Sinceramente no. Mi hanno chiesto di studiare un nuovo format e mi hanno dato il tempo per farlo. Ho la coscienza in pace. Sono talmente convinto della mia linea che se mi vogliono bene, altrimenti faccio altre cose».

E come le è parsa la nuova Rete4 tutta dedita all'approfondimento?

«La televisione la guard0 poco, mi piace farla, non guardarla. Comunque, da quel poco che ho visto, mi sembra che sia una scelta azzeccata. Una rete che ha una caratteristica identitaria, declinata in vari modi, paga perché il pubblico la riconosce più facilmente».

Lei è stato un fondatore di Forza Italia, come vede la candidatura di Berlusconi alle Europee?

«La vedo come l'unica possibilità di recuperare consenso a Forza Italia. Poi si vedrà se avrà più voce in capitolo».

E, invece, cosa ne pensa del Governo che, secondo i suoi detrattori, avrebbe contribuito a far eleggere?

«Dal suo punto di vista Salvini è stato coerente con quanto aveva promesso sulla questione immigrazione e sicurezza.

Lo vedo in difficoltà sul fronte del consenso tra gli imprenditore del Nord. I 5 Stelle stanno faticando a mettere in pratica il reddito di cittadinanza. Tra i due poli ci sono molte divergenze, ma il matrimonio di interesse, si sa, è quello che regge di più... finché non scoppia».

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