De Gaulle e la grande destra che non c'è

Nel suo nuovo saggio Michel Onfray tesse le lodi del generale rispetto a Mitterand

De Gaulle e la grande destra che non c'è

Pochi giorni prima che morisse, Michel Onfray promise al suo professore di filosofia greca e romana, Lucien Jerphagnon, di scrivere un libro su Charles de Gaulle. Memore dei corsi e della corrispondenza avuta negli anni Ottanta con l'amato insegnante, il filosofo francese ha mantenuto quella promessa con Vies Parallèles (Robert Laffont), le biografie incrociate delle due figure più importanti della Quinta Repubblica: Charles de Gaulle, appunto, e François Mitterrand.

Il centododicesimo libro di questo philosophe enraciné, come lo definisce il Figaro Magazine, è una controstoria del gollismo e del mitterrandismo e insieme un confronto tra il Generale e il suo eterno rivale, da cui il primo esce sublimato e il secondo estremamente rimpicciolito. «Dopo la morte del generale de Gaulle è finita la grandeur. Il Generale aveva detto che il popolo aveva scelto di essere un piccolo popolo, ed ebbe dunque dei piccoli governanti. Il più piccolo di questi piccoli governanti si impegnò a distruggere tutto ciò che aveva fatto il generale de Gaulle; fu la sua unica costante: rendere piccolo ciò che era stato grande, piccolo come lui. Si chiamava François Mitterrand», scrive Onfray negli estratti pubblicati sabato dal Figaro Magazine. E ancora: «L'opposizione tra Charles de Gaulle e François Mitterrand mette schiena contro schiena un uomo che lotta contro il crollo di una civiltà e un individuo a cui non importa che la civiltà scompaia, gli basta poter vivere tra le rovine alla maniera di un satrapo. Il primo sacrifica la propria vita per salvare la Francia; il secondo sacrifica la Francia per salvare la propria vita. Uno vuole una Francia forte, grande e potente, capace di ispirare l'Europa degli Stati; l'altro la vuole debole, piccola e impotente, fagocitata dall'Europa del capitalismo. De Gaulle è un senatore romano; Mitterrand un cittadino di Capua».

Lo scorso 18 giugno, in occasione degli ottant'anni del primo appello del Generale sulle onde radio della BBC, Onfray ha pubblicato un video che ha fatto molto rumore negli ambienti goscisti. Per questa affermazione: «De Gaulle era un uomo di sinistra sostenuto dalla destra, Mitterrand era un uomo di destra sostenuto dalla sinistra». Ma la gauche non aveva ancora letto le pagine del suo futuro libro. «De Gaulle sa di essere e vuole essere al servizio della Francia fin dagli anni della sua giovinezza, immaginandosi già in veste di generale che caccia gli invasori tedeschi fuori dalla Francia; Mitterrand vuole una Francia al suo servizio e, per raggiungere il potere supremo, farà intrighi politici con tutti, con i comunisti, con l'estrema destra e poi con i socialisti, con i bigotti e in seguito con i laicisti, con i sostenitori dell'Algeria francese e subito dopo con i fautori della decolonizzazione, ma mai con i gollisti, che, ad ogni modo, non lo avrebbero mai voluto al loro fianco», afferma Onfray.

La grandezza di De Gaulle, secondo il filosofo originario di Argentan, in Normandia, stava nel fatto che sapeva di essere più piccolo della Francia, perché la Francia è al di sopra di tutto: «Nasce nella notte dei tempi e la vuole eterna, non è senza passato e nemmeno senza futuro, ma la vuole senza nascita e senza morte, è lì da sempre e lo sarà per sempre». Mitterrand, invece, «si credeva più grande di ogni cosa»: compresa la Francia. Il Generale era l'homme du destin, Mitterrand, tuona Onfray, un piccolo uomo interessato alla «carriera». Il primo «ha fatto la Francia», il secondo «ha ampiamente contribuito a distruggerla». Secondo una certa narrazione, quella di Mitterrand fu la sola vera «présidence littéraire». Ma Onfray, in Vies Parallèles, abbatte anche questa certezza della sinistra francese. In poche righe: «De Gaulle leggeva Peguy, Bergson, Nietzsche; Mitterrand leggeva Paul Guimard e Erik Orsenna. De Gaulle è nella Pléiade di Gallimard; i libri di Mitterrand si acquistano in sconto dai bouqinistes per uno o due euro». E soprattutto: «De Gaulle ha avuto Malraux; Mitterrand ha avuto Jack Lang».

È spietato Onfray contro l'idolo della gauche, perché se c'è uno che ha condannato a morte il socialismo francese, sottolinea il filosofo, questo è proprio Mitterrand. Nel 1983, con la «svolta del rigore», ha aperto la strada al trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992, considerata da Onfray la data di morte della Francia: la fine della sua sovranità. «Cosa avrebbe fatto De Gaulle?», è la domanda che oggi tormenta Onfray, pur nella certezza che l'Europa gollista è un'Europa al servizio delle nazioni e non un gruppo di nazioni a servizio dell'Europa. Mitterrand avrebbe potuto essere l'ultimo grande presidente, secondo Onfray, ma è stato il primo dei piccoli. Come quando attaccò Freud ne Le Crépuscule d'une idole.

L'Affabulation freudienne, il filosofo normanno si farà molti nuovi nemici nell'intellighenzia. A gauche dicono che è troppo a destra, a droite che è troppo a sinistra. Lui, Michel Onfray, dice di non essere né l'uno né l'altro, ma soltanto «fedele alla Francia».

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