"Dolcissime", una commedia fresca, amara, ma soprattutto necessaria

Un'opera che, pur non brillando in termini strettamente cinematografici, resta illuminante su una stagione della vita importante come l'adolescenza.

"Dolcissime", una commedia fresca, amara, ma soprattutto necessaria

Presentato al Giffoni Film Festival di quest'anno, "Dolcissime" è un teen movie al femminile che parla di accettazione, di amicizia e delle difficoltà di crescere.

Protagoniste sono tre amiche adolescenti e sovrappeso, Letizia (Giulia Fiorellino), Chiara (Margherita De Francisco) e Mariagrazia (Giulia Barbuto Costa da Cruz), che frequentano lo stesso liceo a Torino. Non hanno solo il problema che i chili di troppo le rendano facile mira di prese in giro dai compagni di classe: Mariagrazia soffre il confronto con la madre (Valeria Solarino), un’ex atleta, Chiara si scambia messaggi con un ragazzo cui teme di mostrarsi e Letizia, infine, è portata per il canto ma ha troppa paura per rivelare questo talento.

Quando vengono messe alla gogna sui social con la diffusione di un video in cui mimano le campionesse di nuoto sincronizzato della scuola, decidono di non soccombere all'autocommiserazione e scelgono di riscattarsi formando un trio pronto a gareggiare proprio in quella disciplina sportiva.

Opera seconda di Francesco Ghiaccio, sceneggiata con Marco D'Amore, "Dolcissime" è un racconto di formazione a tre voci che appare modellato sulla commedia drammatica "7 Uomini A Mollo" di Gilles Lellouche, in cui un gruppo di uomini alla deriva ritrovava gusto per l'esistenza proprio impegnandosi nel nuoto sincronizzato.

Non siamo di fronte a un'opera di alto livello dal punto di vista cinematografico, considerata la recitazione acerba delle giovani non professioniste coinvolte, i dialoghi poco naturali e le scivolate in un certo sentimentalismo retorico, eppure l'augurio è che possa essere vista da quanti più adolescenti possibili e dai loro genitori. I temi toccati nella storia personale delle protagoniste, infatti, hanno un valore sociale inestimabile: se da un lato si parla di mostri moderni come il body shaming (bullismo sull'aspetto fisico di una persona) e l'uso ricattatorio o vendicativo dei social, dall'altro si vanno esplorando anche difficoltà da sempre caratteristiche dell'età evolutiva come quella di trovare il proprio posto nel mondo e conciliare il surplus di vitalità con l'improvvisa impennata d'insicurezza. Nella problematica accettazione di sé e degli altri, in questa fase così in divenire, diventano ancora più delicate le dinamiche tra genitori e figli, l'amicizia è vissuta in modo viscerale ma non sempre facile, infine il confine tra l'essere vittima o carnefice diventa labile.

Nel film emerge chiaramente come lo squilibrio in quest'età non risparmi quasi nessuno e la sensazione di non essere abbastanza sia generalizzata: ad esempio anche la ragazza carina, magra e capitano del team di nuoto sincronizzato del liceo, Alice (Alice Manfredi), vista da tutti come una vincente e la figlia ideale, non si sente all'altezza della perfezione che è chiamata ad incarnare.

"Dolcissime" descrive bene come molti adolescenti si trovino bloccati e persi in diverse zone dell'inferno: ci sono gli esclusi, che abitano il limbo dell'invisibilità o il girone del pubblico ludibrio, ci sono i forzati dell'inadeguatezza, piegati dal giogo delle aspettative proprie e altrui, infine diverse altre variazioni del concetto di disagio.

Ci si commuove e ci si diverte durante la proiezione perché il film, pur dipingendo le complicazioni dei rapporti interpersonali e le conseguenze della percezione alterata di determinate situazioni, resta sempre inebriato di gioia di vivere.

Osservare come le protagoniste, ritratte in penombra durante gli allenamenti notturni, ricordino la sagoma di un femminile forse non in sintonia con gli attuali canoni estetici ma senz'altro dotato di affascinanti risonanze ataviche, fa

riflettere sul concetto di bellezza.

"Dolcissime" rivela, a chi ancora lo ignorasse, come nessun riflesso nello specchio sia superiore in gradevolezza al sorriso serafico di chi si sente sicuro pur indossando le proprie fragilità.

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