Il doppio saluto a «Pinuzzo» è una lunga canzone d'amore

da Napoli

In Piazza del Plebiscito c'è Liliana de Curtis, la figlia del grande Totò. Ha le lacrime agli occhi, con un filo di voce dice: «Adesso papà è con Pino e si dicono che Napoli è un'altra cosa». Quando arriva il carro funebre nella Piazza simbolo della città, dove Pino aveva tenuto un concerto memorabile nel 1981, mancano 10 minuti alle 19. «Non sono una fan di Pino. Fan e' brutto. Pino era una persona cara. E mi mancherà, come può mancare una persona cara», dice una donna di mezza età, elegantemente vestita.

I centomila applaudono, urlano ritmicamente il suo nome: «Pino, Pino...». A Napoli come a Roma per il primo funerale nella mattinata, la sua gente si era messa in fila per conquistare una buona posizione fin dalle 6. E, per la prima volta nella storia di Napoli, Piazza del Plebiscito si è riempita per due giorni consecutivi: la sera precedente per il flash mob spontaneo dei suoi ammiratori.

Sventolano le bandiere azzurre del Napoli, una del Movimento Neoborbonico, le sciarpe tenute alte dai suoi ammiratori. Sembra una festa, sembra di assistere ad uno dei concerti tenuti dal cantautore. Invece, poggiato sul palco, allestito sul sagrato della Basilica di San Francesco di Paola, dove è stato preparato l'altare, c'è la bara di mogano chiaro con la salma di Pino Daniele. Officia il Cardinal Sepe. «Hai dato tanto a Napoli», ricorda l'arcivescovo.

«Ciao scugnizzo, oggi Napoli è...senza culure», recita uno striscione. In tanti, gente della sua generazione ma anche giovanissimi, tengono su con le braccia i suoi vecchi lp, custoditi come cimeli per decenni ma, ora diventati delle reliquie. Sul lungomare un lungo striscione, con la sua immagine sorridente, dice: «Napule è a voce de criature. Tu si a voce e Napule». Nella funicolare centrale che accompagna al Plebiscito, gli altoparlanti hanno diffuso per un giorno intero le sue canzoni. Il popolo di Daniele si dà coraggio così: difficile rassegnarsi alla sua morte. Proprio come per una persona cara.

Il lungo addio al grande artista era iniziato alle 11,40, nel Santuario del Divino Amore a Roma. «Pino, Pino» ha urlato anche lì la folla, intonando quella che viene considerata la canzone simbolo del bluesman: Napule è . A salutare Daniele per l'ultima volta non c'erano solo i tanti napoletani giunti dalla loro città, con le sciarpe con la scritta «Napule è» (stampate a tempo di record ma il business è business), ma soprattutto i romani e moltissimi turisti, addirittura un gruppo di giapponesi, che non ha perso un solo minuto del rito funebre.

La cerimonia è stata officiata da Padre Renzo Campetella, il francescano amico di Pino Daniele, cattolico e devoto a San Pio. Sincero e schietto come solo i francescani sanno esserlo, Padre Renzo durante l'omelia si è rivolto ai familiari del cantautore: «Vi chiedo di restare uniti. Che bel regalo sarebbe per Pino. Dico questo perché già si sente qualche voce strana in giro. Se non sarete uniti allora vorrà dire che Pino ha fallito come padre e come uomo». Per adesso, però, questi dissidi pare che non si siano ancora dissolti.

«Lacreme napulitane» ma non solo.

Piange Nino D'Angelo: «È come se fosse caduto il Maschio Angioino». Renato Zero, Fiorella Mannoia, tra i tanti. Eros Ramazzotti, che gli ha dedicato una canzone scritta nel 2012, Infinitamente , un autentico canto d'addio.

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