Dreyfus e Polanski: le due facce del #MeToo

di Roman Polanski con Jean Dujardin, Louis Garrel, Emmanuelle Seigner

Il confine tra Alfred Dreyfus e Roman Polanski è una sottile linea rossa che non coincide con le comuni origini ebree. Nemmeno con quel cognome di Monnier che compare nel film e nella vita del capitano, condannato per tradimento e poi riabilitato, che fa eco con una delle accusatrici del regista per reati sessuali di oltre mezzo secolo fa. E neppure con l'errore giudiziario, accertato in un caso e tutto da stabilire nell'altro. Il denominatore comune sta piuttosto in quel collettivo senso delle emozioni che portò la folla al tripudio per la degradazione dell'ufficiale, messo alla berlina a fine Ottocento da innocente. Triste rima con il «#MeToo» oggi largamente in voga, che ha reso tiepida l'accoglienza veneziana per L'ufficiale e la spia, poi premiato al Lido. «Le emozioni oggi sono come una palla di neve che si ingrandisce, diventa valanga e sovrasta il senso di verità» ha spiegato Polanski. E la rettitudine è quella che traspare da Marie-Georges Picquart (Jean Dujardin), diventato responsabile del controspionaggio ma deciso ad accertare la colpevolezza di Dreyfus (Louis Garrel), vittima di un errore giudiziario colossale nella Francia dell'epoca. Un militare mette in gioco reputazione e carriera per difendere l'onore della verità. «Non condivido le tue idee ma darei la vita perché tu le possa sostenere» aveva detto Voltaire - mutatis mutandis - un secolo prima. E contro la tresca di Stato si schiera un intellettuale come Èmile Zola. J'accuse, appunto. Lo stesso indice inquisitore, allora rivolto contro Dreyfus, ora chiama in causa il regista, ansioso di squarciare il velo delle sue imputazioni ma poco convinto di convincere, a causa del suddetto senso comune delle emozioni che incolpa e condanna prima ancora di ascoltare gli accusati.

L'ufficiale e la spia è un ottimo film storico, rigorosamente fedele agli eventi e che sarebbe un peccato e un errore valutare superficialmente solo in rapporto alla Storia. Dopo oltre un secolo dal caso Dreyfus, quella dinamica è attualità. L'auspicio è che non sia il testamento di Polanski.

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