Ecco perché non ci ha convinti l’ultima stagione della Casa di Carta

Abbiamo visto la quarta parte della serie-evento del momento. Ma stavolta non ci è piaciuta. Ecco perché +++ Attenzione, contiene spoiler +++

Ecco perché non ci ha convinti l’ultima stagione della Casa di Carta

"Voglio capire dove vogliono andare a parare". È questo il segreto del successo de La Casa di Carta? Sicuramente è un fil rouge che si trascina fin dalla prima stagione - quella artatamente divisa in due parti per aumentare la suspence e l'hype -.

Ma se l'atraco alla zecca, pur con una sceneggiatura a tratti inverosimile, tiene comunque incollati davanti alla tv per capire le sorti di Tokyo, Berlin, Denver e persino dell'irritante Arturito, quello alla Banca di Spagna era da subito sembrato un seguito prodotto più per sfruttare un (inaspettato?) successo che davvero programmato nei tempi richiesti a una serie di questo calibro. Ed è con la quarta parte che questa "casa di carta" crolla inesorabilmente.

Si susseguono così dialoghi surreali che trascinano una trama sempre più improbabile, diluita da flashback ancora più spiazzanti. Come il matrimonio di Berlin, il cui apice viene raggiunto con un coro di monaci benedettini che intona "Ti amo" di Umberto Tozzi e "Centro di gravità permanente" tra i balli e le risate dei protagonisti. Il "Bella Ciao" decontestualizzato e diventato inno di una ribellione più "complottista" che partigiana evidentemente non bastava più.

Per non parlare dell'operazione a Nairobi, con macchinari e strumentazione degna della migliore sala operatoria, uccisa con un colpo di pistola mentre il "killer" Gandia sembra immortale. O dell'inseguimento al Professor fallito quando i poliziotti erano letteralmente a un passo da lui. O, ancora, della sim bruciata che - miracolosamente - ha trasferito parte del suo codice sulle griglie del fornetto, consentendo agli investigatori di rintracciare la famiglia dell'ex ispettrice (alias Lisbona) e della paella fumante - sic - che arriva in segno di tregua.

A questo si aggiunge uno schema sempre uguale e spesso troppo prevedibile e delle scene che trasformano l'intera stagione in una sorta di soap opera che poco ha a che fare con la serie di azione che dovrebbe essere. Fortuna che alcune scene sono così senza logica da diventare comiche e portare il sorriso in un periodo in cui ogni forma di distrazione aiuta.

L'impressione per tutta la stagione resta però una sola: la volontà di spremere fino all'ultimo un prodotto che - anche grazie alla martellante pubblicità di Netflix - è diventato un fenomeno globale.

Una serie che è impossibile non vedere, anche solo per poterne parlare male. E il cliffhanger finale (dopo che una Sierra incinta gira a piedi per tutta la città) non fa che confermare questa voglia di allungare il più possibile il brodo.

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