Da ieri è cominciata una nuova era televisiva, quella della «Total Audience». E a farla partire è l'Italia. Tradotto in parole semplici, significa sapere con più precisione da quante persone viene visto un programma. Da quando esistono i device, e cioè pc, tablet, smartphone, console, le trasmissioni vengono viste in tanti modi, in diretta, in differita, on demand, in gruppo, a casa, per strada o sui mezzi di trasporto. Fino all'altro ieri l'Auditel, la società italiana che rileva i risultati di ascolto, forniva i dati disaggregati: cioè da una parte quelli degli spettatori della tv tradizionale, dall'altra quelli degli utenti dei device. Da, ieri, - e per la prima volta al mondo - questi numeri vengono sommati. E d'ora in avanti al mattino saranno forniti i dati tradizionali, al pomeriggio i nuovi.
Insomma, sulla base delle elaborazioni, si potrà sapere, per esempio, quanto veramente è stata vista la fiction di Raiuno, L'isola dei Famosi di Canale 5, il talk show de La7 o la serie di Sky.
E non si tratta di decimali di percentuali o poche centinaia di teste. Si può arrivare anche a differenze di due o tre punti di share o, in alcuni casi come Sanremo, anche molto di più. Nei primi tempi, però, non saranno ancora pubblicati - e quindi visibili a tutti - gli ascolti per singolo programma, ma per orario (divisi in quarti d'ora). Ogni azienda o broadcaster cliente di Auditel li potrà visionare e decidere se comunicarli. Sono numeri che hanno fatto tremare attori, presentatori o direttore di rete, sui cui si giocano e si sono giocate carriere e immagine. Ma sono soprattutto dati che hanno una rilevanza economica strategica per le aziende televisive e sui quali si basano gli investimenti pubblicitari, i diritti televisivi (pensate al calcio) e il posizionamento nel mercato. In sostanza: Auditel ha messo a segno un sistema sempre più preciso per invogliare - anzi quasi per costringere - i nuovi player come i giganti Netflix o Prime Video o Dazn (quanti guai per i clienti) che hanno conquistato i mercati europei ad aderire al sistema in modo da permettere un confronto reale tra i bacini d'utenza. A livello tecnico, per misurare la «total audience» è stato adottato il JIC (il Joint Industry Committee), modello di governance a partecipazione diffusa e a controllo incrociato, che - come ha spiegato ieri nella relazione al Senato il presidente Auditel Andrea Imperiali - «è perno della convergenza delle metriche e del presidio del mercato in termini di trasparenza, indipendenza e inclusività di tutti i soggetti».
Ai 45 milioni di apparecchi tv presenti nelle case degli italiani, si aggiungono nel sistema di rilevamento circa 75 milioni di nuovi schermi connessi (con 60 diverse tipologie). E si incrociano due diversi metodi: il sistema campionario (cioè basato su un campione volontario di italiani), grazie al SuperPanel di Auditel, e il sistema censuario, che «ascolta» ogni singolo device connesso.
Complemento essenziale della «Total Audience», sul versante pubblicitario, è il CUSV, il Codice univoco degli spot video. Grazie a questo codice, una targa per dirla nel gergo automobilistico, Auditel è in grado di tracciare ogni singolo spot video fruito su tutte le piattaforme e su tutti i device. Gli investitori pubblicitari dispongono, così, di uno strumento essenziale per misurare le reali erogazioni di uno spot, la sua effettiva performance di visione e l'abbinamento con i programmi. Infine, oltre al consueto ascolto «riconosciuto», cioè quello di aziende come Rai, Mediaset, La7, Sky, Discovery, l'Auditel ora raccoglierà e classificherà, in un cluster separato, anche quello «non riconosciuto».
Cioè delle piattaforme come, appunto, Netflix, Prime Video, Disney, Dazn o delle console per videogiochi. I dati non saranno forniti per singola tv, ma tutti insieme, però si potrà sapere, in percentuale, il loro reale «peso» sul bacino degli spettatori.
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