Ma guardatelo qui Francesco Gabbani che voleva quasi ritirarsi dalle scene ma poi ha vinto due Sanremo di seguito ed è diventato un peso massimo del pop. Stavolta si sdoppia. Ha un disco in uscita il 22 aprile (il riuscito Volevamo solo essere felici) e una prima serata su Raiuno al fianco di Francesca Fialdini, tra l'altro praticamente conterranea (lei di Massa, lui di Carrara). Insieme condurranno venerdì sera 8 aprile Ci vuole un fiore, una sorta di coraggioso esperimento della prima rete nazionale su di un tema delicato e spesso politicamente ondivago, ossia il «green», l'ambientalismo, insomma l'attenzione alle risorse energetiche e al loro utilizzo. «Ma non voglio mica emulare Conti o Amadeus, eh!», spiega lui con quell'accento toscano verace e spontaneo che trasmette subito buonumore.
E quindi che cosa vorrebbe fare, caro Gabbani?
«Non sono un conduttore televisivo e non avrei mai accettato di fare un one man show come tanti altri invece vorrebbero fare».
Però conduce un programma su Raiuno.
«In realtà, quando il direttore Coletta me lo ha proposto ho accettato soltanto perché Ci vuole un fiore mi rappresenta fino in fondo. Io sono nato in mezzo alla natura, sono green e quindi questo è un tema che mi appartiene davvero».
Qual è l'obiettivo?
«Parlare di ambiente senza prendere posizioni politiche, senza indottrinare nessuno. Affronteremo i cambiamenti importanti che ci aspettano e che riguardano la nostra vita quotidiana. Dopotutto questo è un problema che interessa tutti, anche se...».
Anche se?
«Tanti non lo sanno oppure sono distratti. D'altronde i ghiacci mica si sciolgono di fianco a casa, insomma è comprensibile che tante persone, prese dalla vita quotidiana, non abbiamo una coscienza ambientalista molto sviluppata. Specialmente la generazioni più avanti con l'età».
Perché?
«Perché i ragazzi sono cresciuti con queste tematiche, ne sentono parlare sin da quando sono nati. È ovvio, quasi naturale che siano più interessati rispetto a chi è cresciuto senza questo tipo di attenzione».
E il cast?
«Lo abbiamo cercato il più eterogeneo possibile, da Tananai a Ornella Vanoni, da Fulminacci a Morgan a Flavio Insinna, Maccio Capatonda, Michela Giraud e poi un sorprendente Massimo Ranieri».
Perché sorprendente?
«Perché lui conferma che non è mai troppo tardi per diventare green. È un grande artista, un uomo esperto, ma dimostra che, conoscendo a fondo il problema, a ogni età si può decidere di essere davvero attenti all'ambiente».
Poi ci sarà un testimonial decisivo: Piero Angela.
«Per me un onore gigantesco. E arriveranno anche Luca Parmitano, Carlo Cottarelli e Stefano Mancuso».
Manca Adriano Celentano, uno che sull'ambiente ha davvero aperto la strada oltre mezzo secolo fa.
«Però io canterò una sua canzone, una sorta di omaggio dovuto».
A proposito di ambiente, nel nuovo disco c'è un brano che calza a pennello: Peace and love.
«Siamo in un periodo di guerra e già per questo si prova dolore e tristezza».
Si spera finisca presto.
«L'anagramma di Putin è input. L'unico input che vorrei in questo momento è che finisca questo gigantesco spargimento di sangue».
Volevamo solo essere felici, appunto, come il titolo del disco.
«Stavolta ho meno esigenze di impressionare, di spiegare come sono, di colpire gli ascoltatori. E perciò potrei eseguire tutti i brani del mio nuovo disco semplicemente cantandoli al pianoforte o con una chitarra».
Però ci sono titoli che colpiscono subito. Ad esempio Sangue darwiniano.
«Siamo davvero
in continua evoluzione. E si evidenzia sempre più il contrasto tra ciò che siamo davvero e ciò che crediamo di essere grazie alla tecnologia che spesso ci aiuta, ci spinge a credere di essere ciò che in realtà non siamo».
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