Ora nel mirino di #MeToo finisce pure la canottiera proletaria di Marlon Brando. Il New York Times oggi ha pubblicato un articolo che fa a pezzi il simbolo di un certo machismo (non solo) cinematografico.
L’immagine iconica, spiega il Corriere, è quella di Marlon Brando in "Un tram che si chiama desiderio" del 1951 dove l'attore interpreta Stanley Kowalski, protagonista del dramma di Tennessee Williams, sfoggiando una canottiera bianca mezza strappata, corrispettivo "sporco" della candida T-shirt alla James Dean. In America quella maglietta "da lavoro" ha (avrebbe) è chiamata A-shirt. Nel linguaggio odierno, questa viene indicata con un’espressione: "Wife beater", la maglia dell’uomo violento. Nel film Kowalski picchia la moglie e stupra la cognata e l'epiteto di "wife beater" perfetto per il suo personaggio e per la sua canottiera ma l'origine del nome è di molto successiva alla pellicola."Wife beater" nasce nell’America studentesca nei clintoniani anni '90, post-sessantottina e pre-MeToo. L’etimologia non è chiara e un’altra possibile spiegazione ci porta al caso di un uomo che nel 1947, a Detroid, uccise a botte la moglie e indossava la suddetta canotta. Molte altre sono le ipotesi dei linguisti e degli storici americani.
C'è chi ritiene che il termini risalga al '96 quando uno studente utilizzò per la prima volta il marchio «wife beater» per indicare quel particolare capo di abbigliamento oppure che tutto derivi dal termine con cui alla metà del Novecento si indicava la «maglietta A", chiamata "Dago Tee, la tipica canottiera dei muratori italiani. Per uno strano e tortuoso giro fu sostituita da "wife beater", quasi a significare che gli italiani fossero i campioni degli abusi sulle donne.
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