Un festival della canzone italiana d'opera

Voci e danzatori da promuovere. Per il resto, mancava la giuria di qualità

Un festival della canzone italiana d'opera

Di questi tempi nel teatro in musica si corre una gimcana, i cui ostacoli, più dei tamponi, sono i cangianti e criptici decreti. Massimo rispetto per chi deve operare in queste condizioni confuse, ma le ragioni che hanno spinto a scegliere per l'inaugurazione della Scala il formato di una specie di concerto Martini&Rossi allargato, offrendo capolavori in pillole, è quanto meno discutibile. Nulla da eccepire per una serata a inviti o sponsorizzata ma nel teatro riformato dagli arbitrii impresariali da Arturo Toscanini, nel teatro che, sfollato al Lirico causa le bombe alleate, allestiva opere mentre nelle strade si sparava, si sarebbe preferito ascoltare un titolo vero, dato in forma qualsivoglia, semi-scenica o di concerto.

Si poteva fare come il Teatro dell'Opera di Roma, dove il regista Mario Martone ha realizzato una grande messa in scena dell'italianissimo Barbiere di Siviglia senza scene, senza pubblico, dimostrando che quando ci sono le idee e un regista capace di organizzarle, il teatro si trasforma in luogo magico. Accompagnava i titoli di testa la voce di Mirella Freni, doveroso omaggio alla protagonista di tante aperture scaligere, inopinatamente sovrastata nella conclusione dalle parole dell'attrice che citava dell'Orfeo di Monteverdi. Sì, perché per collegare una simile insalata Arlecchino, usando in parte allestimenti passati del regista Livermore e in parte nuovi, con allusioni cinefile (piume avvolgevano il duca di Mantova mentre canta la donna è mobile siccome piuma al vento!), per unire opere lontane, garantire inserti per il corpo di ballo e lo statuario Bolle e chiudere con il finale redentore del Guglielmo Tell di Rossini, erano necessarie giunture sceneggiate. Peccato i contenuti fossero fra il bigino di educazione civica e il florilegio filodrammatico. Il titolo della serata alludeva nientemeno che alle stelle di Dante, ma la co-presentatrice, Milly Carlucci, con il suo sperimentato stupore di trovarsi nel Salone Piermarini, ci riportava per terra. Dirigevano l'orchestra Riccardo Chailly e Michele Gamba (per il balletto). Mancava solo per trovarsi nella prima serata televisiva la giuria di qualità. Ora veniamo alle voci. Spazio tiranno obbliga a nominare solo alcune: il piglio drammatico di Kristine Opolais (Butterfly) e la possenza espressiva di Marina Rebeka. Personalità decise nel registro mezzo-sopranile: la venustà di Elina Garança (Eboli) e la trepida gioventù di Marianne Crebassa (Carmen). Meritata palma al solitario basso Ildar Abdrazakov (Filippo II). Gran baritono nobile Ludovic Tézier (marchese di Posa), terso George Petean, glorioso Placido Domingo.

Duelli al vertice in chiave di tenore: melodioso Juan Diego Florez (Nemorino), generoso Vittorio Grigolo (Duca di Mantova), solido Piotr Beczala (Don José), ficcante Benjamin Bernheim (Werther). Voci e danzatori sono stati le vere stelle di quest'inaugurazione trasformata in festival della canzone italiana d'opera.

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