Il film del weekend: "Il diritto di uccidere"

Un film intelligente, teso e molto verosimile su una questione attuale come la guerra combattuta con i droni

Il film del weekend: "Il diritto di uccidere"

I conflitti militari moderni, quelli armati di una tecnologia che permette di colpire con precisione a enormi distanze, sono sempre più protagonisti al cinema. Un nuovo film ispirato al tema scottante della guerra con l'impiego di droni è appena arrivato nelle nostre sale, "Il diritto di uccidere", diretto dal premio Oscar Gavin Hood e prodotto da Colin Firth.

La pellicola solleva interrogativi importanti chiedendosi, in particolare, fino a che punto il danno collaterale sia moralmente accettabile nella lotta al terrorismo.
Il colonnello inglese Katherine Powell (Helen Mirren) dopo aver inseguito per anni una connazionale divenuta terrorista, la rintraccia in Kenya grazie all’uso dei droni. La ricercata si trova assieme ad altri due individui, anche loro in cima alla lista dei criminali: sono sotto lo stesso tetto, intenti a preparare cinture esplosive con le quali mietere vittime, di lì a poco, in chissà quali luoghi affollati. Per sventare la minaccia è già pronto un drone comandato dall’esercito americano. Resta solo da premere un bottone, ma l’inaspettato ingresso di una ragazzina keniota che si piazza a vendere il pane a pochi metri dall'obiettivo è d'intralcio all'operazione. I rappresentanti del potere militare, giuridico e politico, da diverse latitudini oltre che prospettive, si troveranno a dover prendere una decisione in nome del male minore. La disamina dei danni collaterali, le conseguenti varie considerazioni e i dilemmi morali che ne scaturiscono sono l'essenza del film.
Helen Mirren, una certezza quanto a bravura e carisma, regge le redini di una corsa contro il tempo per ottenere i permessi necessari a rendere legale un assassinio. "Eye in the Sky" (questo il titolo originale di "Il diritto di uccidere") è allo stesso tempo una pellicola di guerra, un thriller politico e una sorta di rappresentazione teatrale. Mentre il recente "Good Kill" analizzava il punto di vista dei piloti dei droni, qui i protagonisti sono appartenenti ai piani alti, ognuno portatore di una propria plausibile visione sul da farsi e restio, comunque, ad assumersene la responsabilità qualora metta a rischio la sua poltrona. Lo scomodo conflitto al centro della scena è raccontato in modo raffinato e sviscerato fin nelle sue implicazioni legali. Nell'evidenziare il retroscena politico/burocratico, è messa a nudo con humor sottile l’inadeguatezza di certi individui che si trovano ai posti di comando.

La sceneggiatura non contiene proclami ideologici, punta semplicemente a svelare la catena di decisioni, eventi e storie personali che spesso si cela, in guerra, dietro un pulsante. Girato con maestria, "Il diritto di uccidere" eccelle per tensione e credibilità.

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