Il film del weekend: "In guerra per amore"

Con garbo, sentimentalismo e umorismo leggero, Pif racconta una pagina importante ma poco conosciuta della storia del nostro paese

Il film del weekend: "In guerra per amore"

Francesco Diliberto (più conosciuto come Pif), nel suo secondo film da regista, "In guerra per amore", torna a parlare della sua amata Sicilia e della piaga della mafia. Proprio come nella sua folgorante pellicola d'esordio, "La mafia uccide solo d'estate", di cui ricalca fedelmente il messaggio di denuncia, unisce la storia di personaggi comuni a quella del nostro paese, usando ironia e alone fiabesco come diversivi salvifici in un racconto altrimenti ostaggio dell'amarezza.

Siamo nella New York del ’43. Arturo (Pif) e Flora (Miriam Leone) si amano follemente ma lui è un semplice cameriere mentre lei è promessa sposa, per volere dello zio, al figlio di un boss locale. Per sabotare le nozze combinate, una speranza c'è: Arturo deve recarsi in Sicilia dal padre della sua innamorata a chiederne la mano. Il viaggio, però, costa e l'unico modo che Arturo ha di poterselo permettere è sbarcare sull'isola in uniforme, dopo essersi unito all'esercito statunitense che è diretto proprio là.

"In guerra per amore" racconta una pagina di storia interessante e non troppo conosciuta, quella descritta nel rapporto Scotten, un documento in cui un militare statunitense denunciava al proprio governo che l'avanzata americana, nella liberazione dell'isola, si era appoggiata a certi padrini favorendo il rinvigorirsi delle associazioni criminali.

Pif quindi, col pretesto di narrare un amore, illustra l’origine dell’ascesa della mafia nel dopoguerra e mostra come Cosa Nostra sia una scomoda eredità lasciata da interessi politici.

Il coefficiente di difficoltà insito nella direzione di un film di questo genere è senz'altro maggiore rispetto a quello di "La mafia uccide solo d'estate", ma la crescita registica di Pif è evidente. Non sono soltanto presenti soluzioni visive più ricercate ma anche piccole intuizioni felici come il tormentone del selfie ante-litteram o la battaglia tra la statua della Madonnina e quella del Duce. La comicità e i drammi di tanti grandi personaggi minori condiscono la pellicola di un retrogusto agrodolce.

Certo, ci sono momenti in cui la narrazione diventa lievemente stucchevole e artificiosa, qualche eccesso di sentimentalismo e di facile retorica ma, nel complesso, Pif sta imparando il mestiere molto bene, animato da intenzioni importanti e da riferimenti alti. Così come nella classica commedia all'Italiana la risata fa da anticamera alla riflessione amara, la cifra favolistica e ironica nei film di Pif serve a introdurre un messaggio d'impegno politico e civile. Il fatto, poi, che questo quarantaquattrenne sempre in bilico tra il serio e il faceto renda fruibile al pubblico, seppur in maniera molto semplificata e condita d'umorismo leggero, nozioni importanti circa la Storia del nostro paese e le radici della realtà odierna, è a dir poco pregevole.

"In guerra per

amore" intrattiene, diverte ed ha un finale volutamente stonato, di grande impatto, che squarcia l'alone poetico e rassicurante di cui è ammantato il film. Una chiusa disarmante e feconda, che resta addosso allo spettatore.

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