«Abolita la censura cinematografica, definitivamente superato quel sistema di controlli e interventi che consentiva ancora allo Stato di intervenire sulla libertà degli artisti». Queste le parole del Ministro della cultura, Dario Franceschini, che lavora anche a Pasquetta. D'altro canto la notizia è importante perché attesa dal 2016 quando la sua importante Legge Cinema annunciava proprio queste misure. Ma cosa cambia in sostanza? Nulla e tutto, e viceversa. Da oggi la classificazione dei film è responsabilità degli operatori che daranno uno di questi 4 bollini (è prevista una sintesi grafica): opere per tutti; opere non adatte ai minori di anni 6; opere vietate ai minori di anni 14; opere vietate ai minori di anni 18. A parte l'indicazione per i 6 anni, il resto è uguale a prima. Ma la novità è che ora un dodicenne accompagnato da un genitore potrà vedere un film vietato ai 14 e un sedicenne uno vietato ai 18.
Messa così è finalmente una legge di stampo liberale che lascia la libertà, appunto, ai distributori di dare le indicazioni al pubblico e responsabilizza i genitori chiamati a esercitare l'educazione anche di fronte a un film. Però, c'è sempre un però. Lo Stato non si fida, o forse i distributori temevano guai giudiziari, e dunque ecco spuntare la Commissione per la classificazione delle opere cinematografiche guidata dal Presidente emerito del Consiglio di Stato, Alessandro Pajno. Quindi gattopardescamente, esattamente come accade oggi, vengono nominati quarantanove componenti che verificheranno le decisioni prese dai distributori. Ma, rispetto al passato, avranno un'arma in meno: non è più possibile negare il nulla osta per la proiezione in pubblico di un film.
Esistono due preziosi archivi in rete che raccontano i casi più eclatanti del ricatto che consentiva alle commissioni di chiedere i famigerati tagli ai film: www.cinecensura.com e www.italiataglia.it (il primo, ideato da Pier Luigi Raffaelli e Tatti Sanguineti, è in continuo aggiornamento grazie al prezioso lavoro della Cineteca Nazionale del Centro Sperimentale di Cinematografia che ha un nuovo conservatore, Alberto Anile, e una nuova presidente Marta Donzelli).
Il film simbolo è Ultimo tango a Parigi di Bernardo Bertolucci che nel 1972, dopo essersi opposto, accetta, su consiglio del produttore Alberto Grimaldi, un taglio di pellicola di metri 3,80 («Riduzione del primo amplesso consumato dai due protagonisti all'improvviso in piedi»), uno di metri 6 («Riduzione della durata della scena in cui il protagonista violenta a posteriori la ragazza») e infine la modifica della frase «Mettimi le dita nel culo» sostituita da «Non farmelo ripetere». Il film riceve il nulla osta con un divieto ai minori di 18 anni. Poi ci furono i sequestri e i penosi strascichi giudiziari con autore, produttore e attori condannati nonostante l'appoggio di intellettuali, anche di Montanelli in una famosa prima pagina sul Corriere della Sera.
Vabbè, direte voi, è Ultimo tango, c'è il burro, eccetera. Ma, senza andare molto lontano, già nel 1950 il candido Luci del varietà, firmato a quattro mani da Lattuada con l'esordiente Fellini, ebbe il massimo divieto vigente all'epoca, ai minori di 16 anni. Nel 1955 addirittura Totò e Carolina ottenne ben 32 tagli tra cui quello di Bandiera rossa cantata da un gruppo di comizianti, che obbligò il regista Monicelli «a rifare la musica e inserire un'altra canzone qualunque ignota».
Le forbici della censura si sono mosse sempre veloci, attente a limitare il sesso e la violenza ma anche a proteggere la politica e la religione. Ne sa qualcosa Pier Paolo Pasolini i cui guai iniziano già con Accattone, il suo film d'esordio. Nel 1961 ottiene il nulla osta ma divieto ai minori di 18 anni, «limite di età ancora non previsto dalla nuova Legge sulla Revisione Cinematografica». Sempre in quell'annus horribilis, Luciano Emmer si vede tagliare un'intera sequenza del suo La ragazza in vetrina che gli fece passare «la voglia di continuare a fare cinema» visto che per trent'anni non ha più girato un film. Più fantasiosa la censura nel 1969 su Brucia ragazzo brucia di Fernando Di Leo che, in una sequenza erotica comunque tagliata di 212 metri di pellicola, vede l'apposizione di una incredibile ragnatela che fece restare di sale il regista: «Una cosa mai vista nella storia del cinema e nella storia della censura». A passo spedito si arriva al 1998 e a Totò che visse due volte di Daniele Ciprì e Franco Maresco, penultimo film della storia del cinema italiano a cui non è stato dato il nulla osta alla proiezione in pubblico. L'ultimo in assoluto, nel 2011, è stato l'horror Morituris di Raffaele Picchio che però non ha avuto la fortuna di essere vietato «solo» ai minori di 18 anni come è successo in appello a Ciprì e Maresco.
Ma in fatto di tagli il record forse ce l'ha The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, vietato ai minori di 14 anni, che, nel 2014, viene derubricato a «per tutti» per andare in prima serata in tv.
La commissione di revisione cinematografica indica ben 51 «alleggerimenti» che fanno scomparire 18 minuti di pellicola, tra cui i 62 secondi del «dialogo in ufficio sul lancio del nano».Addio dunque alla censura, pure politicamente corretta. Non ci mancherai.
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