Chiunque di voi, di qualsiasi età, conosce Star Wars: non solo una saga di fantascienza (più fanta che scienza) che ha battuto ogni record di incassi e passa di generazione in generazione, ma la prima mitologia del XX secolo, un vero e proprio culto, una religione vera e propria. Non per altro migliaia di persone, secondo un censimento inglese, hanno dichiarato di appartenere alla religione dei Cavalieri Jedi, che è stata riconosciuta ufficialmente (in Australia settantamila persone si dichiararono seguaci dello jedismo).
A proposito, esce in questi giorni il libro di Federico Greco, sceneggiatore, montatore, e regista, e autore di questo saggio fondamentale, Star Wars. La poetica di George Lucas, edito da La nave di Teseo, che è insieme tanto una storia completa di Star Wars (e in parte del cinema americano, con il passaggio dalla Hollywood classica alla New Hollywood, che ha portato alla rivoluzione di Steven Spielberg, in coppia con Lucas), quanto un colto e brillante manuale di narratologia teatrale e cinematografica, da Aristotele a George Lucas. Lucas, infatti, riuscirà a coniugare il cinema hollywodiano classico con quello della New Hollywood. «Dopo Star Wars e Lo squalo nulla fu più come prima», scrive Greco.
George Lucas inventò un universo, poco plausibile dal punto di vista scientifico, ma molto credibile, a tal punto da creare un immaginario, una narrazione mitica. Certo, le astronavi e le esplosioni non producono suoni nello spazio (ma Lucas ha pensato giustamente: chi se ne frega?), il Millennium Falcon dovrebbe disintegrarsi ogni volta che entra nell'atmosfera, il laser delle spade laser non può fermarsi a mezz'aria, eppure la sospensione dell'incredulità indotta nello spettatore è talmente riuscita da rendere tutto reale. Infilandoci dentro anche molti elementi fantasy che hanno contribuito a rendere la saga una religione, come la Forza, senza che nessuno li percepisse davvero come tali.
A tal punto che anche gli scienziati amano Star Wars (sebbene sia più scientifico Star Trek), e hanno assegnato nomi starwarsiani a molte nuove specie di animali, come per esempio Wockia chewbacca (una falena messicana), Albunione Yoda (un parassita del gambero di Taiwan), e c'è perfino un trilobite preistorico di quattrocento milioni di anni fa che si chiama, papale papale, Han solo. Il lessico di Star Wars è perfino entrato nei dizionari. Nell'ottobre del 2019, ricorda Greco, «l'Oxford English Dictionary ha acquisito, accanto a arancini e fake news, i termini lightsaber (spada laser), Jedi, Padawan (apprendista Jedi), e the Force (la Forza)».
All'epoca, incredibile a pensarci oggi, nessuno voleva fare il film, rifiutarono Kurt Russell, Al Pacino e Burt Reynolds per il ruolo di Han Solo (poi se ne pentirono, e ti credo) e dunque si puntò su attori poco conosciuti, come un carpentiere di nome Harrison Ford (sconosciuto prima di American Graffiti), un'attrice secondaria che aveva fatto un solo film (Shampoo), cioè Carrie Fisher (la principessa Leila), e, per il ruolo di Luke Skywalker, su una piccola star televisiva, Mark Hamill. Paradossalmente, osserva Greco, la non notorietà dei protagonisti contribuì a non distrarre lo spettatore da ciò che interessava veramente a Lucas: l'illusione, il mito credibile di quel retrofuturo polveroso fatto di lamiera, sabbia, vestiti medievali, caschi usurati, edifici vecchi come il Colosseo in mezzo a astronavi e raggi laser (quell'estetica del retrofuturo che visivamente influenzerà molto la fantascienza, si pensi a Blade Runner).
Se avete più di cinquant'anni Star Wars lo avrete visto al cinema quando è uscito, nel 1977, ma se siete dei nonni avrete nipoti di nove anni che vi parlano dell'ultimo Star Wars: L'ascesa di Skywarker, e vi chiedono in regalo magari Darth Vader o Han Solo, ancora come quarant'anni fa. E pensare che la 20th Century Fox non ci credeva (il più grande successo di tutti i tempi uscì in sole quarantadue copie), e George Lucas cedette a tutte le condizioni contrattuali e di budget, mantenendo però solo una piccola clausola, ritenuta insignificante dai produttori, in cui si sarebbe tenuto i diritti del merchandising, una robetta che ha fruttato a Lucas miliardi di dollari (più degli stessi film).
Insomma, il libro di Greco è consigliato a tutti perché Star Wars è dentro ognuno di noi, oggi Benedetto Croce direbbe: non possiamo non dirci jediani.
Perfino i miei sogni ricorrenti sono spesso ambientati nell'universo di Star Wars, il mio incubo peggiore è quando io sono Luke e combatto contro Darth Vader e a un certo punto lui si toglie la maschera e è la Murgia che dice «Io sono tuo padre».
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