Franco Nero, l'attore da più di 200 film interpretati e quasi una decina in lavorazione e che il prossimo 23 novembre compirà 77 anni, continua a credere nel cinema italiano anche se da noi viene chiamato molto meno rispetto all'estero: «Sono un privilegiato, sono conosciuto in tutto il mondo e ricevo tantissime offerte. Poi ogni tanto vengo in Italia per aiutare qualche giovane regista perciò quei pochi film che faccio qui li ho sempre fatti con autori alle prime armi».
E Red Land non fa eccezione, ma che cosa le ha interessato del progetto?
«La sceneggiatura è molto bella e mi sono ritagliato un ruolo molto importante».
Quello del professor Ambrosin.
«Esatto, è il classico intellettuale, una persona molto colta a cui tutti si rivolgono, soprattutto i giovani per chiedere consigli. È un professore, quindi non combatte con le armi ma con le parole che spesso sono molto forti, come quando dice al capo dei titini: Ci vuole una fossa per due persone, una per il nemico e una per te stesso. E proprio per questo i titini lo considerano una persona ancora più pericolosa».
Il suo personaggio è a stretto contatto con la protagonista di questa tragica storia.
«Ha un bellissimo rapporto con Norma Cossetto che forse rappresentava per lui quella figlia che non ha mai avuto. L'aiuta a fare la tesi Rosso Istria e nelle conversazioni un po' le anticipava quello che poi sarebbe accaduto: Ho paura che un giorno questa terra non sarà più la nostra».
Com'è possibile che il cinema italiano non abbia raccontato prima questo episodio?
«Da una parte si è cercato di parlare il meno possibile di queste storie, dall'altra il cinema italiano negli ultimi anni ha preferito fare più commedie o commediole. Infatti ricordo che uno andava da un produttore con un progetto e quello ti chiedeva subito: Ma c'è da ridere?. Noi negli anni '60 e '70 avevamo un'industria. Ora ci sono pochi registi che lavorano, sono sempre gli stessi e non danno spazio ai giovani».
Perché è importante oggi un film che racconta il passato?
«Credo che le nuove generazioni debbano essere messe in
grado di capire quello che è successo. Quindi è importante portare alla luce questi episodi terribili degli anni '40, penso naturalmente al nazismo e ai campi di concentramento, ma non è che le foibe si discostino poi molto».
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