"Fu veramente una Divina. Poi incontrò il mostro Onassis"

La "sorellina" della cantante rivela: "Sua madre non la sentì mai cantare. Ed ebbe davvero un figlio dall'armatore greco"

"Fu veramente una Divina. Poi incontrò il mostro Onassis"

Quanti possono raccontare com'è fatto un mito? Quarant'anni dopo la fine solitaria del più celebre soprano del Novecento - il 16 settembre del 77, nella casa parigina di avenue Georges Mandel pochi hanno ancora il privilegio di poter dire chi fu davvero Maria Callas. Fra questi l'amica e confidente d'una vita, ignota al grande pubblico ma intima della Divina al punto d'essere de lei chiamata sorellina. "Me la presentarono una sera del 1952 al Biffi Scala, il ristorante del dopo teatro milanese ricorda Giovanna Lomazzi, oggi vicepresidente dell'ASLICO, l'associazione per le nuove voci liriche -. Io avevo vent'anni, lei trentadue. Legammo subito. E le sono rimasta accanto più di vent'anni".

Cosa ha significato essere la sorellina di Maria Callas?

"Il privilegio di seguirla ovunque. Alle prove e alle recite alla Scala; in tournée da New York a Londra, da Parigi a Berlino. D'estate prendevamo il sole a Ischia; anni dopo in crociera, sul Christina di Onassis. Nei pomeriggi milanesi con la mia macchina andavamo assieme dalla sarta, dal parrucchiere, per l'aperitivo in Galleria e per lo shopping (fans permettendo). Alla domenica in Duomo, dove lei pregava la Madonna, cui era devotissima. Poi in casa, a via Buonarroti, a provarci i vestiti - lei mi regalava i suoi, firmati Biki - o a lucidare l'argenteria... cose così. Finché alle 19 l'accompagnavo alla Scala. Allora tutto cambiava. Più ci avvicinavamo, più lei si trasformava. Basta futilità, allora. Varcata quella soglia lei diventava la Callas".

Dunque chi era veramente la Callas?

"Una donna complessa. In scena artista geniale, infallibile. Nella vita insicura, fragile, priva di senso pratico. Una volta lasciò al cameriere di un ristorante una mancia che equivaleva al conto. Sei pazza?, le dissi. E lei: Dovevo farlo: io sono la Callas. E poi affamata d'amore. Le mancò perfino quello della madre. Che incredibile ma vero - non andò mai, mai, neppure una volta, a sentirla cantare. Una sera a Londra Maria mi mostrò una cicatrice su una gamba. Me l'ha fatta mia madre si confidò - Tirandomi contro una sedia".

Solo Lei può svelare il mistero: come fece a dimagrire cinquanta chili in meno di un anno?

"Semplice: non mangiava. Filetto ai ferri e verdura scondita. Stop. Non l'ho mai vista una volta addentare una forchettata di pasta, una fetta di torta. Mai. Un digiuno feroce. Che la trasformò in una nuova Audrey Hepburn. Ma le indebolì la muscolatura del diaframma, contribuendo ad accelerarne il declino vocale".

Meneghini fu davvero un marito-padre per lei, nonché agente esoso fino a inimicarle tutto l'ambiente?

"Esoso? E chi non avrebbe preteso cachet astronomici per la Callas? Ricordo quando firmò il primo contratto da un milione di lire, negli anni Cinquanta: brindammo al Piccolo Bar di via Manzoni. Il guaio è che, oltre che marito, le faceva da agente; e mentre lei diventava una star planetaria lui rimaneva un melomane di provincia. Ricordo bene quando lei gli disse: Titta, se non riesci a seguirmi, cerchiamoci un professionista.... Ma bisogna ammettere che lui le dette una casa, la stabilità, la tranquillità economica".

La verità sui suoi capricci con i colleghi? Sullo scandalosa Norma interrotta davanti al presidente Gronchi?

"Quella sera Maria stava male davvero: garantisco io! Mi chiamò a New York, dov'ero: Ho un abbassamento di voce, è un miracolo che possa parlare. Cantò lo stesso. E fu il patatrac. Giorni dopo m'indicò uno scatolone di lettere di fans. Rispondi tu. Beh: erano centinaia, tutte in sua difesa. Solo due la criticavano. Capricciosa? Con la Simionato, Di Stefano, Corelli, Rossi-Lemeni, ebbe amicizie solide. Bisticciò con Del Monaco. Ma Del Monaco era umorale: difficile pensare a un'amicizia serena, con uno come lui".

Dica la verità: davanti alla Callas Lei osò mai lodare la Tebaldi?

"Veramente di solito si parlava d'altro... Poi la loro rivalità fu gonfiata dalla stampa. Tuttavia c'era; e giovò a entrambe. Una volta eravamo in macchina, alla radio davano l'Aida con la Tebaldi. Maria volle fermarsi per ascoltarla meglio. Forse non le stava un granché simpatica; ma aveva molto, molto rispetto, per lei".

Quand'è che la leggenda di Maria cominciò a appannarsi?

"Quando conobbe Onassis. Incontro fatale. Perse la testa, e tutto cambiò. Abbagliata da quella vita vuota smarrì la volontà di sacrificarsi, non studiò più, non fece più un vocalizzo. Una volta arrivammo a Kansas City per un concerto: beh, lei neppure sapeva cosa doveva cantare. Aveva la mente e il cuore altrove".

Ma che tipo era Onassis?

"Una persona totalmente volgare. Uno che aveva fatto un mucchio di soldi - meglio non sapere come - e che di musica non sapeva nulla. Una volta in tv fecero un Falstaff: Maria cercò di spiegarglielo. Lui niente: se ne infischiava. Per la famosa Norma a Epidauro, in Grecia, ero seduta accanto a lui. Beh: quando Maria entrò in scena lui neppure la riconobbe. La scambiò per il mezzosoprano, un donnone grasso, il doppio di lei".

E come potè Maria a perdere la testa per un uomo simile?

"Mistero. Quel mostro era quanto di meno attraente si possa immaginare. Piccolo, peloso: un'orribile scimmia. Credo fosse il suo potere, ad attrarla. Non i soldi quelli li aveva anche lei - ma l'idea che lui potesse mettere il mondo ai suoi piedi. In realtà lui non l'amò mai. Se Maria avesse avuto accanto l'uomo giusto questi avrebbe potuto sostenerla nella sua caduta. Invece ebbe Onassis. E lui finì per precipitarla".

È vero che ebbero anche un figlio, di cui nessuno ha saputo nulla per decenni?

"Purtroppo è vero. Me lo confessò la figlia del medico che l'assistette in una clinica milanese, e che ne rimase sconvolto. Maria tenne il segreto con tutti, anche con me, perché Onassis voleva farla abortire. Io nemmeno mi accorsi che era incinta: arrivò solo al sesto, settimo mese, il bambino nacque prematuro e sopravvisse poche ore. Lo battezzarono col nome di Omero. Triste, molto triste. Forse è solo una leggenda, invece, la voce secondo cui per diciassette anni, ogni volta che era a Milano di lunedì - quando cioè il cimitero di Bresso era chiuso - grazie a un custode Maria andasse di nascosto a pregare sulla tomba".

E dopo innumerevoli trionfi come visse Maria il prematuro e drammatico declino?

"Non era più lei. Nella Norma del 1965, a Parigi, aveva un tale terrore di dover emettere dei suoni che recitò perfino male. Ricordo una Lucia a Dallas: i suoi costumi non erano arrivati, e io e Zeffirelli fummo costretti a cucire in fretta delle perle su quello di una corista. Franco era imbestialito. Lei niente. Sempre perfezionista fino alla maniacalità, ora era diventata apatica. Non le importava più di nulla. Mancò gli acuti alla scena della follia. Dietro le quinte mi strinse una mano fino a farmi male: La mia carriera finisce qui".

Infine la morte. E quel biglietto con i versi della Gioconda: Suicidio. In questi momenti tu sol mi resti.

"Molto prima della sua fine mi sorpresi a pensare: Maria non invecchierà.

Per vivere bisogna avere un motivo. E lei non ne aveva più. A soli 53 anni, dopo avere tutto la voce, la bellezza, la gloria, un figlio - aveva perso tutto. Suicidio? No. La verità è più semplice. Ad uccidere Maria Callas è stato il dolore".

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