Si fa presto, a dire «ispettore». Nel tentativo di rinfrescarne la fisionomia più che abusata, su uno dei protagonisti più popolari (ma inevitabilmente stereotipati) della fiction tv si esercita da sempre una quantità infinita di variazioni. C'è l'ispettore infallibile, il sornione, l'ironico, il muscolare, lo sciupafemmine, l'imbranato, e via variando. Complesso come un romanzo, ma elementare come un fumetto (da entrambi i quali, non a caso, deriva), L'Ispettore Coliandro - da domani nuovamente su Raidue - ha operato un mix fra le più brillanti di queste variazioni. Cogliendo, anche grazie alla singolarità dell'interprete il pasticcione e sensuale Giampaolo Morelli - un caldo successo.
Insomma, Morelli: cos'ha di diverso il suo ispettore da tutti gli infiniti altri?
«È distratto, goffo, pasticcione. Ma anche metodico, ostinato, intuitivo. È malinconico, depresso, solitario. Eppure brillante, spiritoso, simpatico. È, insomma, una persona comune. Con tutti i pregi e i difetti della maggior parte delle persone comuni. Forse per questo piace. Più che a un poliziotto fa pensare, come ha scritto un fan su Facebook, a Coliandro uno di noi».
E ai poliziotti veri piace?
«Soprattutto a loro! Il sindacato Siulp gli ha conferito il Premio Franco Fedeli come poliziotto più verosimile fra tutti quelli d'invenzione. Loro ci si riconoscono. Forse anche perché i casi che Coliandro deve risolvere sono, al contrario, iperbolici; e quindi accentuano, per contrasto, la sua assoluta normalità. Fra i miei amici non ho poliziotti autentici. Ma sono sicuro che, se ne avessi, non mi accorgerei che sono poliziotti».
Coliandro è una creatura di Carlo Lucarelli, che ne ha fatto l'antieroe di romanzi prima e di fumetti poi.
«Il che spiega tante cose. Innanzitutto la perfezione tecnica dei gialli, che essendo firmati Lucarelli sono sempre impeccabili. E poi l'immediata riconoscibilità del protagonista, come accade nei fumetti, accanto alla sua complessità psicologica, com'è tipico dei romanzi. Simpatico sì, insomma. Ma mai banale».
E non c'è, da parte del pubblico, anche un certo sottile piacere nel vedere una figura istituzionale abbassata a livello di comune mortale?
«Sì, direi di sì. Ma senza cattiveria. Pur essendo, questo, un piacere non troppo generoso. L'umanizzazione delle istituzioni non per forza significa la loro demistificazione».
Nella prima puntata, Black Mamba, in cui darà la caccia a una bellissima killer internazionale, viene fuori anche un aspetto meno piacevole di Coliandro: i suoi pregiudizi.
«E non sono forse anche questi comuni a tanti di noi? La questura non è un covo di eroi, ma il luogo dove si scherza davanti alla macchinetta del caffè. La divisa non è un'arma invincibile; talvolta copre anche delle macchie. La cosa importante è che, com'è facile a cedere ai pregiudizi, Coliandro sia anche pronto a ricredersi».Dai tempi in cui lei, in uno spot firmato Gabriele Muccino, emergeva da un divano da scapolo per farsi un caffè, il suo personaggio non è cambiato molto. Anche allora goffo, divertente, cucciolone...«Non so se prenderlo come un complimento.
Diciamo che forse qualcosa di positivo avevo già allora, e m'è stato poi utile nel mio lavoro: una certa predisposizione ai tempi ironici. Che oggi esercito anche in film di segno diverso; come i due in cui apparirò prossimamente: Miami Beach dei fratelli Vanzina, con Ricky Memphis e Max Tortora, e Nemiche per la pelle di Luca Lucini, con Margherita Buy».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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