I cani lanciati nello spazio. Storie di eroismo e crudeltà

I protagonisti dei primi viaggi furono le cavie: Laika e i suoi predecessori. Solo qualcuno riuscì a ritornare

I cani lanciati nello spazio. Storie di eroismo e crudeltà

Da Locarno I martiri innocenti non hanno nome. Talvolta nemmeno cittadinanza. Non sanno di essere angeli. E l'unica strada che conoscono è quella del randagio che vaga solitario. Hanno per casa tutto e nulla. Il loro tetto è un cielo minaccioso anche quando è sereno. Ignari vagabondi del mistero. Da quaranta centimetri lo sguardo non abbraccia l'universo ma il raggio ristretto della quotidianità. Della fame. Alla luna, il lupo è abituato a ululare. Non sogna di raggiungerla. E, in fondo, non lo immaginavano neppure i meticci di Mosca. Figli di mille razze e un solo Dio, quello che vide Adamo sbarcare nel mare della Tranquillità il 20 luglio di cinquant'anni fa.

First man. Ma prima. First dog. Si dice che Laika sia una stella cometa e il paradiso dei cagnolini non l'abbia accolta, per rispedirla come spirito guida di tutti i suoi simili sulla terra. Quella che lasciò il 3 novembre del '57 sullo Sputnik. La sua tomba. Dopo 67 minuti spirò nell'abbraccio perpetuo dell'universo. Un passo indietro al piccolo passo per l'uomo e al grande passo per l'umanità.

Anche Laika ebbe predecessori. Una storia ignorata fino a oggi, sulla quale fa luce Space dogs - a metà strada tra docufilm e inchiesta - presentato al «Locarno Film Festival» dai due registi poco più che trentenni, l'austriaca Elsa Kremser e il tedesco Levin Peter. Il set è sulle strade desolate e angoscianti di Mosca. Intervallato da sequenze di archivio e repertorio sui tanti randagi senza tetto e senza pappa, reclutati all'improvviso dalle mani ciniche dello scienziato.

Fotogrammi in bianco e nero. Sgranati. Come le coscienze sporche di chi compie esperimenti. Narrano di meticci setacciati in quelle vie oscure. Della fiducia che li convince ad affidarsi al cuore gelido dello spregiudicato. Quello che alla luna non ulula ma gioca a combattere la guerra dei mondi su una scacchiera di fantascienza. Volarono nel cosmo intubati. Collegati. Spiati nell'attimo estremo in cui cielo, luna e terra diventano tutt'uno. Per sempre. E gli occhi si chiudono sulla galassia infinita, che non è più l'orizzonte ristretto del chiostro di spuntini notturni, al quale elemosinare una briciola di wurstel.

Alcuni rientrarono vivi. Forse non seppero mai di essere partiti. E neppure ritornati. Forse pensarono che si trattò di un sogno, perfino quando l'uomo (?) con il camice bianco li scollegò dai tubicini e ne medicò la tracheotomia. Vietato ululare alla luna. A pochi importò se il mantello del pelo mostrava lacerazioni. Se non era più lo stesso. Nessuno in terra si chiese come avvenne il miracolo. Perché mai il Dio dei cani avesse rispedito quaggiù quegli angeli a quattro zampe che avevano visto la luna. Con loro hanno portato un segreto che nessuno potrà mai svelare. Che cosa abbiano provato. Sognato. Pensato. Non c'è computer che registri l'intimità. Nemmeno a quattro zampe.

In «premio» ebbero l'accoppiamento. Prospettiva umana di sfruttamento d'immagine. I cani non lo fanno per piacer loro ma per dare figli a Dio. O meglio, per conservare la specie. Allo scienziato la cucciolata servì per dimostrare che le funzioni genetiche non erano state alterate. E i piccoli figli del cosmo avevano radici terrene.

Forse chi aveva viaggiato nello spazio, in fondo poteva ritenersi addirittura fortunato. Le selezioni erano severissime. Solo i più tenaci, resistenti, sani ed educati avrebbero potuto andare in missione. Beffa dell'immoralità. Il buono perde. Rischia la morte nell'universo. Gli altri - perché non esistono cani cattivi - vincono un vagabondaggio nei bassifondi di Mosca che non è propriamente una vita da sogno ma è meglio di un razzo dove il movimento è impedito. Il muscolo anchilosato. E ne esce uno scheletro che cammina. Insieme a loro ci furono tartarughe ma nessuna riuscì a farcela. E perfino una scimmia. Al rientro finì in discoteca. E allo zoo. Poi morì per complicazioni al fegato. Si chiamava Buh. L'unica. I martiri innocenti non hanno nome.

Il piccolo passo per l'uomo era stato un grande passo di disumanità. Mai più esperimenti con gli animali, please.

L'appello di Space dogs. E non solo. Nemmeno se un giorno si puntasse Marte. L'unica verità è che il cane è il miglior amico dell'uomo. Ma quest'ultimo non può dire lo stesso. La relazione inversa... Inammissibile. Purtroppo. Almeno per ora.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica