Io mi sono divertito da matti. Voglio dire, ci sono dei libri inutili, ma talmente inutili, che diventano esilaranti. Ti chiedi perché siano stati scritti, ma soprattutto perché li abbiano pubblicati, e chi li leggerà, e a tutto questo c'è un'unica risposta: perché Terminator era solo un film. Ma facciamo un passo indietro, e prendiamo l'ultimo libro di Gianrico Carofiglio, Della gentilezza e del coraggio, edito da Feltrinelli (pagg. 128, euro 14), il cui scopo è quello di mostrare al lettore quanto l'autore sia saggio, buono, bravo, edificato, edificante e trasmettergli questa sapienza. Ora la domanda è: chi vorrebbe essere come Carofiglio? E soprattutto perché?
In ogni caso Carofiglio vi insegna anzitutto a prestare attenzione all'altro, a sentire quando le persone parlano, perché nella società di oggi nessuno ascolta più nessuno, e vi propone degli esercizi. «Nelle discussioni private è facile fare un test per verificare se ci si stia ascoltando davvero reciprocamente o se, come capita molto spesso, la conversazione non sia altro - nel migliore dei casi - che un'alternanza di educati silenzi in cui uno attende il suo turno e nel frattempo pensa a quello che dovrà o potrà dire».
Si intuisce che Carofiglio parla delle sue frequentazioni al Premio Strega, che prova e riprova a vincere ogni anno con romanzi dimenticabili e dunque perfetti per vincere (titoli da gerontocomio di magistrati in pensione come La misura del tempo o Il silenzio dell'onda), e se voi non fate parte degli «Amici della domenica» il consiglio è inutile, ma in ogni caso lui ve lo dà, perché il libro è suo e se voi lo avete comprato sono cavoli vostri. Come si fa dunque? «Il test implica l'applicazione di una semplice regola: ciascuno dei partecipanti alla discussione ha il diritto di esprimere la sua opinione solo dopo aver riassunto o parafrasato le idee e i sentimenti, insomma il punto di vista dell'interlocutore, in modo tale che ognuno possa riconoscersi nel riassunto o nella parafrasi». Non state a chiedervi come si possano parafrasare i sentimenti dell'interlocutore, invece prendete atto che Carofiglio è uno scrittore unico, scrive quasi come le istruzioni del Monopoli.
Ma Carofiglio non si ferma qui, e vi mette in guardia dall'effetto Dunning-Kruger, quando leggete quattro cose su un argomento e pensate di esserne competenti, credendovi competenti in tutto. Anche qui si capisce che Carofiglio parla per sé, infatti vi parla di tutto, perfino di statistica, informandovi che gli squali fanno poche vittime e le zanzare tantissime, ormai lo sanno pure i bambini perché è pieno di video su Youtube e Carofiglio deve aver visto uno di questi video. Vi avvisa anche che «la pericolosità delle mucche è statisticamente superiore a quella degli orsi». Bene, adesso se siete come Carofiglio sapete parlare con qualcuno, prendere nota dei suoi sentimenti e stare lontani dalle mucche.
Tuttavia potevano mancare le arti marziali? Carofiglio anche lì è un esperto. Ti spiega che nel jujutsu, nel judo, nel karate, si usa «la forza dell'avversario per neutralizzare l'aggressione e, in definitiva, per eliminare o ridurre la violenza del conflitto». Anche questa magari l'avevate già sentita, ma Carofiglio vi insegna come usare questa tecnica anche nella conversazione: «Per verificare come sia possibile una pratica alternativa torniamo all'affermazione categorica del nostro immaginario interlocutore. Invece di reagire ad essa opponendo in modo ottuso forza a forza, possiamo applicare il principio di cedevolezza per ottenere il metaforico sbilanciamento dell'avversario». Carofiglio qui è un mix tra il maestro Miyagi di Karate Kid e un venditore di aspirapolvere.
Non manca lo zen, con moltissimi aneddoti già sentiti ma scritti da Carofiglio acquistano tutta una loro carofigliaggine che vale la pena risentirli. Tipo l'albero che cade nella foresta dove non c'è nessuno e è come se non fosse caduto. «Immaginiamo una foresta in cui c'è un vecchio albero, con tronco fradicio e divorato dai parassiti. A un certo punto questo vecchio albero cede e si schianta al suolo. Immaginiamo che non ci sia nessuno - ma davvero nessuno - in quella foresta a sentire l'albero che cade, travolge rami e cespugli, e si fracassa. Ed ecco la domanda: se la foresta e le sue vicinanze sono deserte, e perciò quel rumore non lo sente nessuno, possiamo dire che sia esistito?». Quando arrivate a questo punto del libro vi assicuro che vorreste che Carofiglio fosse quell'albero.
Ma il colpo di scena è alla fine. Quando Carofiglio è preoccupato dalle macchine, dai computer, dall'intelligenza artificiale.
Carofiglio, impressionato, scrive: «Ciò che bisogna contrastare - per limitare il potere di distruzione materiale ed etica oggi nelle mani dell'uomo - è l'esasperazione tecnica rappresentata dall'utopia del progresso illimitato», ma per fortuna «l'Unione europea, apprezzabilmente, per prima al mondo si è posta il problema, elaborando un sistema di linee guida per garantire un approccio etico all'intelligenza artificiale». Che le macchine prendano pure il controllo del mondo, di sicuro nessuna intelligenza artificiale scriverebbe un libro così.
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