Nell'era della molteplicità, determinata dal proliferare incontrollato di noi anonimi utilizzatori degli smartphone, bisogna risalire a poco meno di vent'anni fa, all'11 settembre 2001, per trovarci di fronte a immagini uguali per tutti, gli aerei che si schiantano contro le Torri Gemelle, frame che hanno fatto storia, indelebili nella memoria delle generazioni proprio come quelle dell'assassinio di Kennedy a Dallas, il piede del primo uomo sulla Luna, Jimi Hendrix a Woodstock, la bambina bruciata dal Napalm in Vietnam, il ritrovamento del corpo di Aldo Moro.
Oggi è tutto diverso, la fotografia autoriale quasi non esiste più, però quando finirà questa brutta storia a mente appena più rilassata potremmo sfogliare l'album delle immagini che hanno caratterizzato la primavera 2020, la prima negata a causa del Covid 19.
Avrebbero potuto essere anche di più, ne abbiamo selezionate cinque di «definitive», per forza iconografica non comune, forti persino per Instagram che preferisce svagarsi con ritratti in quarantena e ricordi dalle vacanze passate. Ci fosse ancora Andy Warhol, di certo ne avrebbe utilizzata qualcuna, come fece per le sedie elettriche, gli incidenti automobilistici, il terremoto in Campania.
Il 27 marzo Papa Francesco prega nella piazza San Pietro deserta e bagnata dalla pioggia con le luci blu di prima sera talmente vere da restituire un effetto da pittura iperrealista. Una scenografia che si è mangiata (mi dispiace) le due serie di Paolo Sorrentino, perché nessun film potrà mai evocare il silenzio assordante del vuoto. A mia memoria non c'è un'immagine che riesca a far esplodere più forte la potenza della fede, qualsiasi fede, anche per chi non crede.
Il 10 marzo una giovane infermiera dell'ospedale di Cremona si accascia alle sei del mattino sulla tastiera del computer dopo dodici ore di lavoro al pronto soccorso. Si chiama Elena Pagliarini l'eroina involontaria, una ragazza comune che nei giorni in cui l'emergenza sanitaria si rivela in tutto il suo dramma milita in quell'esercito senza armi chiamato a lottare contro l'impossibile. Se lo scatto apparentemente ne mette a nudo la fragilità, accende invece una forte luce sull'abnegazione e il senso del dovere degli italiani più giovani, ed è la stessa posa della Madonna riversa sul corpo di Cristo al sepolcro.
È del 19 marzo la fotografia più drammatica che pure ci allontana dalla realtà. Il primo giorno di primavera contrasta con une delle notti più tragiche della quarantena: il silenzio di Bergamo è spezzato dal rumore degli autocarri, in fila a decine per trasportare le bare dei defunti. Chi è nato dopo il 45 non aveva mai visto in strada un numero così elevato di camion militari se non al cinema o in qualche guerra lontana da casa. A combattere contro un fantasma, però, si rischia di non individuare il nemico e così ci siamo sentiti tutti, impotenti e sconfitti.
Al 30 marzo sono già passate diverse settimane da quando la serie A e le coppe europee sono state fermate. Niente più calcio, non era mai accaduto. Sembra banale insistere su un argomento così futile se commisurato alla tragedia, ma tra tutti gli stop quello al pallone ne restituisce appieno il senso e la dimensione. Così, nel pieno centro di una Milano deserta, tra le rotaie del tram, un'auto e qualche motorino parcheggiati, un bimbetto palleggia da solo indossando la divisa numero 22 della Roma, quella di Nicolò Zaniolo. Neppure i futuristi, il pittore francese Nicolas De Stael o Renato Guttuso sono riusciti a sintetizzare nei loro dipinti la bellezza assoluta di un bambino che gioca a pallone, immagina e sogna. Inevitabile il rimando alla citazione di Borges, «ogni volta che un bambino prende a calci qualcosa per la strada, lì ricomincia la storia del calcio». Poi a qualcuno verrà in mente di chiedergli l'autocertificazione o spiegargli che bisogna restare a casa, ma il giovane tifoso giallorosso sta prendendo a calci la paura per reclamare il ritorno alla vita.
(Poi ci sarebbe la foto del 29 marzo: una giornata di sole, il mercatino di piazza delle Erbe a Padova è pieno di gente, come in una domenica qualunque. Chi gira per acquisti porta la mascherina, ma qualcuno no. Formalmente l'immagine ricorda le bellissime opere dei grandi fotografi della vita metropolitana, come Beat Streuli e Philip Lorca di Corcia: piazza delle Erbe è la dimanche de la vie).
Però, fra tutte, l'immagine più efficace - per linguaggio e significato - esce il 18 aprile, e questa volta non è opera di uno smartphone ma di un drone che, come in una puntata della serie televisiva Westworld, immortala la scena di due sceriffi sul quad che «beccano» un solitario bagnante a prendere il sole sulla spiaggia vuota di Rimini.
Una scena che pare ispirata alla performance Sun&Sea che l'anno scorso ha vinto il Leone d'Oro quale miglior padiglione alla Biennale di Venezia. Tra fantascienza, profezia orwelliana, sottili brividi da regime totalitario, l'uomo davanti al mare simboleggia la nostra voglia impellente di riprenderci in fretta la libertà.
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