Si alza all'alba per fare ginnastica. Di giorno compone musica e vive con sua moglie Maria Travia che ha sposato nel 1956. Alla sera dirige un'orchestra di oltre novanta elementi e un coro di settanta voci. Però a novant'anni Ennio Morricone non smette di criticarsi: «Il mio gesto mentre dirigo l'orchestra non è abbastanza raffinato». Lo dice un maestro che ha composto oltre 500 colonne sonore per i più grandi registi di sempre, vinto due Oscar, segnato il Novecento con la propria musica ma oggi, evidentemente, ha ancora la voglia di mettersi in gioco manco fosse un esordiente. E anche quando risponde alle domande ha il pudore di chi soppesa le parole, quasi le teme, e non vede l'ora di tornare a occuparsi del proprio spartito. Fino al 23 giugno dirige alle Terme di Caracalla a Roma, poi passerà dall'Esedra di Palazzo Te a Mantova e il 29 dirigerà al Lucca Summer Festival di fianco alle Mura Storiche dove nel 2017 hanno suonato i Rolling Stones che erano sbarbatelli nei club di Londra quando Morricone arrangiava già Sapore di sale (1963). Si dice che possano essere i suoi ultimi concerti prima del ritiro dagli eventi pubblici. Chissà. È anche vero che Morricone non ha più bisogno d'altro per avere più stima. È un colosso, un compositore che nei prossimi secoli sarà celebrato come oggi lo sono Mozart o Bach. Ma è Morricone, quindi uno che non accetta limiti.
Come le piace farsi definire?
«Non saprei. La mia è una professione che ha contorni ambigui. Se scrivo musica per film, devo andare incontro anche ai desideri del pubblico e alle legittime esigenze della storia che si racconta. Ma se compongo quella che io chiamo musica assoluta allora rispondo solo a me e a nessun altro. È un confronto, una sfida continua che farò in futuro».
Quali altre colonne sonore ha in programma?
«Me ne hanno proposte tante, direi almeno cinque negli ultimi tempi, sia dall'Italia che dall'estero».
E lei?
«Ho detto di no, le ho rifiutate tutte».
E quindi?
«Non comporrò più colonne sonore».
Nessuna?
«Farò una sola eccezione».
Per chi?
«Per Giuseppe Tornatore. Siamo amici da trent'anni, per lui comporrò quando vorrà. Certo, se non mi chiama, allora niente. Non comporrò più e basta».
La sua ultima serie di concerti in Europa ha raccolto oltre 650mila spettatori. Un bel modo di celebrare i 60 anni di carriera.
«In realtà io non mi considero un direttore d'orchestra. Come le ho detto, il mio gesto davanti all'orchestra non è raffinato come dovrebbe».
Quindi come le piacerebbe essere definito?
«Diciamo che sono un compositore che dirige e cerca di farsi intendere al meglio possibile dai maestri dell'orchestra».
Il pubblico è stupefatto dalla sua capacità di rendere le emozioni in musica.
«Non so, non sono capace e neppure riesco a valutare queste sensazioni. Per me l'importante è scrivere con attenzione e metterci il massimo dell'impegno possibile. Come faccio da sempre».
Oggi la colonna sonora è sempre meno personale e sempre più frutto di un college di brani già famosi.
«Ammetto che quando in
una colonna sonora arrivo alla terza o alla quarta canzone già conosciuta, non vado più avanti. Una colonna sonora deve aderire al film, nascere per quello e farlo diventare ancora migliore. Il resto non mi interessa più»
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