«Il Dio della Bibbia è prima di tutto colui che libera l'uomo da tutte le schiavitù» scrive Jacques Ellul in Anarchia e cristianesimo (Eleuthera) precisando che libera l'uomo perfino dallo Stato. Ma come, era un antistatalista il signore dalla barba bianca che sul Sinai impresse col proprio potentissimo dito le Tavole della Legge? Secondo Ellul, teologo protestante francese morto nel 1994, sì.
Chiaro che questo saggio è una boccata d'ossigeno al tempo dell'asfissiante alleanza Governo italiano-Cei, e di un Papa in campagna elettorale permanente a favore dei socialisti di tutto il mondo. A un simile testo il tempo ha giovato: nel 1988, anno della prima pubblicazione, a Roma c'era un Giovanni Paolo II dei totalitarismi nemicissimo, e non poteva apparire indispensabile come appare oggi...
Il conflitto tra Gesù e il potere è noto, se non altro perché fu il potere a metterlo in croce. Ma il bello di Anarchia e cristianesimo è l'individuazione di una vena di libertà che scorre senza interruzioni dalla prima all'ultima pagina della Bibbia. Si sa che i nemici della fede sono soliti enfatizzare le differenze fra Antico e Nuovo Testamento, cercando di mettere il Figlio, dipinto come ribelle, contro il Padre, presentato come tiranno amico dei tiranni. Ellul confuta questi maliziosi, o maligni, con citazioni scritturistiche che dimostrano «una straordinaria costanza del sentimento antimonarchico, se non addirittura antistatale». Mosè, Sansone, Debora, Gedeone erano profeti e non re, non capi di Stato. E i profeti non facevano che criticare i sovrani, perfino Davide, perfino Salomone che «inizia bene il suo regno: ma poi il potere lo stordirà proprio come gli altri».
Il versetto capace di mandare in visibilio il devoto libertario è Giudici 17,6: «In quel tempo non c'era un re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio». Dev'essere uno dei tanti versetti biblici silenziati, ci voleva Ellul per ridargli voce e farlo cantare a dovere. Il Libro dei Giudici non sono sicuro di averlo letto per intero ma l'Ecclesiaste lo leggo, lo compulso, lo sottolineo da decenni, eppure non ricordavo il versetto 8,9. Perché il testo Cei 1974 (la consumatissima Bibbia in mio possesso) risulta stranamente blando rispetto al testo Cei 2008. Che invece, verifico su internet, dice così: «Un uomo domina sull'altro per rovinarlo». Il teologo francese adotta una versione ancora più icastica: «L'uomo domina sull'altro uomo per renderlo infelice». Ecco svelata l'essenza del potere, grazie alla Parola di Dio che smantella un secolo abbondante di panzane circa l'impegno dei cattolici nelle istituzioni, e smentisce addirittura Papa Paolo VI che, non cristianamente bensì democristianamente, si spinse a definire la politica «la forma più alta di carità» (io ancor prima di leggere Anarchia e cristianesimo mi attenevo alla formula «né eletti né elettori» coniata da don Giacomo Margotti nel lontano, ma solo all'apparenza, 1861).
Il passaggio definitivo sulla negatività dello Stato lo troviamo nel Vangelo, quando nel deserto il diavolo promette a Gesù, in cambio della soggezione, tutti i regni del mondo. Pertanto, fa notare Ellul senza possibilità di replica, «coloro che detengono un potere politico l'hanno ricevuto dal demonio e dipendono da lui!». Potrei concludere qui ma sarebbe un peccato tralasciare l'Apocalisse con la visione dei relativi mostri: per l'autore anarco-cristiano la Bestia della terra rappresenta il potere politico e la Bestia del mare la propaganda. Insomma sono il Leviatano di Hobbes con in più la prefigurazione del pensiero unico capillarmente diffuso attraverso internet, e imposto dalla censura dei social. Ma allora come mai «tutte le Chiese hanno scrupolosamente rispettato e spesso sostenuto l'autorità dello Stato, hanno fatto del conformismo una virtù maggiore, hanno trasformato un messaggio libero e liberatorio in una morale»? Tutta colpa di Costantino che fece della religione cristiana un instrumentum regni. Dimentichi della Parola di Dio, Trono e Altare si allearono. O meglio: l'Altare, in cambio di privilegi e quieto vivere, si fece strumentalizzare dal Trono. Nel giro di un solo anno il cristianesimo si ribalta: ancora nel 313 il sinodo di Elvira vieta a tutti coloro che hanno un incarico pubblico, ancorché pacifico, di partecipare alla messa, già nel 314 il concilio di Arles, convocato guarda caso dall'imperatore, scomunica i soldati che disubbidiscono ai superiori.
Diciassette secoli dopo i vertici della Chiesa continuano a raccomandare l'ubbidienza allo Stato
(perfino allo Stato cinese, vedi accordo Pechino-Vaticano sulla nomina dei vescovi), e un cristiano deve leggere questo libro per ricordarsi che Cristo il potere lo ha «considerato con disprezzo, rifiutandogli ogni autorità».
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