Grato a McDonald's, pur mantenendo uno spirito critico: assume più i toni di una lettera d'amore che di un editoriale lo scritto di James Franco sul Washington Post. L'attore, come riporta il Time, ha lavorato per il colosso dei fast food negli anni '90, dopo aver lasciato la UCLA e prima di intraprendere la carriera artistica.
Non si trattò per Franco di una necessità puramente economica: lavorare per McDonald's ha permesso al poliedrico attore di prendere confidenza con differenti accenti, come quello del dialetto di Brooklyn, ma anche con l'accento inglese, irlandese, russo e italiano. Nell'editoriale si racconta infatti di come un produttore l'abbia scambiato una volta per un suddito di Sua Maestà Britannica, per poi escluderlo scoperta l'origine californiana. E si racconta di come il giovane abbia avuto un incarico come insegnante di italiano cui ha dovuto rinunciare perché, di fatto, non conosceva la lingua.
«Tutto quello che so è che quando ho avuto bisogno di McDonald's, McDonald's era lì per me», ha scritto Franco, che ha anche rivelato come abbia mangiato nel fast food cibo destinato alla spazzatura.
È davvero difficile, però, non inserire l'editoriale dell'attore in un contesto: McDonald's sta affrontando una crisi per i profitti diminuiti, ma anche una protesta per via dei salari. Il colosso ha annunciato che aumenterà i salari di un dollaro, ma i lavoratori hanno ribattuto che si tratta di un provvedimento irrisorio e in ritardo.
A questo si aggiungano i dubbi negli ultimi decenni sollevati da più parti, da Morgan Spurlock con "Supersize Me" fino al libro e film "Fast Food Nation", cui comunque James Franco accenna.
«Dopo aver letto Fast Food Nation - scrive Franco - è per me difficile fidarmi della qualità della carne. Ma forse, una volta all'anno, mentre viaggio nel nulla per un film, mi fermerò da McDonald's a consumare un semplice cheeseburger».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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