Che bomba sarebbe stata Il dottor Zivago, uno dei film più belli della storia del cinema, in mano a Stanley Kubrick? Non ci resta che immaginare, oltre la perfezione del melodramma che il regista inglese David Lean consegnò al mondo nel 1965, con 5 Oscar, 10 candidature, 2 David di Donatello e 2,2 miliardi di dollari al box office mondiale. Per tacere dei non dimenticabili protagonisti di quella splendida lezione di storia e sentimento all'epoca dei bolscevichi: un Omar Sharif mai così vibrante, nei panni del nobile medico innamorato di Lara, che aveva gli occhi stellati di Julie Christie. E poi la neve, i comunisti spietati, Alec Guinness che narra, Il tema di Lara firmato Maurice Jarre, il romanziere Boris Pasternak che, nel 1958, rifiuta il Nobel per la Letteratura, vinto proprio con Il dottor Zivago. Romanzo vietato nella disciolta Urss, perché sovversivo e quindi finito in Occidente, appena manoscritto, sotto gli occhi dell'editore Giangiacomo Feltrinelli, il quale ne riconobbe subito l'urgenza e lo pubblicò, scippandolo ai concorrenti tedeschi e francesi.
Una siffatta, felice costellazione culturale non si riallineerà più e adesso che il cinema agonizza, arriva una frustata d'immaginazione. La staffilata schiocca da una lettera scritta da Kubrick a Boris Pasternak, per chiedergli i diritti de Il dottor Zivago, al fine di adattarlo cinematograficamente. È il 5 gennaio 1959 e Kubrick si presenta, accennando a Kirk Douglas protagonista e co-produttore dell'erigendo adattamento: «L'altro film fatto insieme (con Douglas, ndr), Orizzonti di gloria, ha ricevuto il premio per il miglior film dell'anno in Belgio, Brasile e Finlandia. Oggi ci piacerebbe acquistare i diritti de Il dottor Zivago per un adattamento. Abbiamo contattato l'avvocato newyorchese, che rappresenta l'editore italiano. Le trattative sono bloccate: non sono ancora pronti a formalizzare l'accordo».
A volte il destino incrocia le voglie e nel 1960 sarà David Lean a rifiutare Spartacus, il film sullo schiavo dell'Impero romano che legò d'amicizia Kirk e Stanley, gemelli ribelli. Il primo, a combattere il maccartismo a Hollywood, imponendo il nome dello sceneggiatore ostracizzato Dalton Trumbo nei credits del film; il secondo, a seminare indominabilità nelle sue opere. Con tale carica esplosiva, i due artisti non avrebbero fatto conversione sulla love story di Yuri e Lara, ottenuti i diritti di Zivago. Tanto più che Douglas, con la sua casa produttrice Bryna, voleva girare in Unione Sovietica.
Di tale rivelazione bisogna esser grati allo studioso inglese James Fenwick, che insegna Storia dei media alla Sheffield Hallam University. Indagando presso l'Archivio Kubrick della londinese University of the Arts e presso l'Archivio Douglas del Wisconsin Center for Film and Theater Research, il professore ha prodotto Stanley Kubrick Produces (oltre a Shadow Cinema. The Historical and Production Contexts of Unmade Films, entrambi i libri sono in uscita negli Stati Uniti). Perché sono molti i film che per Kubrick, perfezionista maniacale, rimasero sogno. Come il biopic su Napoleone, ideato nel 1969. Per avere un'idea di quanto materiale si agglomeri intorno al genio di Kubrick, basti pensare ai 17mila documenti della sua biblioteca, tra immagini d'epoca, libri e foto: l'intero materiale è pubblicato da Taschen, per la gioia dei cinefili. E adesso penetriamo nei più riposti desideri del meticoloso autore, attratto dai romanzi. Come Lolita di Vladimir Nabokov.
«L'istante preciso in cui un regista conosce il successo assoluto è quando gli si regala l'autorizzazione ad adattare un classico della grande letteratura di oltre 600 pagine, che egli non capisce molto bene e che è assolutamente impossibile da adattare, tanto sono complessi il contenuto e la forma elusiva», scrive Kubrick nel suo diario.
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