Il successo di Checco Zalone continua ad animare il dibattito tra i critici cinematografici. C'è chi apprezza il film, c'è chi invece critica il personaggio Zalone, ma finora nessuno si era spinto a fre un appello agli spettatori perché escano dal cinema prima della fine del film facendosi restituire i soldi del biglietto. A mettere nel mirino Zalone ci pensa Davide Turrini sul Fatto: "Di fronte a Quo vado? l’unico gesto liberatorio è quello di uscire dalla sala prima della fine, urlando un ‘basta’ che si senta fino a Capurso, e chiedendo indietro almeno 8 euro degli 8 spesi.
Insomma, chiuderla venti, trenta minuti prima. All’incirca alla diciannovesima scenetta in cui Zalone canta una delle sue filastrocche dove Margherita Hack fa rima con ‘fuck’. Per carità la gag sulla morte, o sulla morta, o sulla scienziata morta visto che in quella sequenza si parla di scienza, (mah?!…) è dissacrante, va bene, d’accordo. Anche quella sui neri (con l’anello al naso), sulledonne (che devono pulire), i disabili (contenti di esserlo per il posto fisso), quelli della Val di Susa (dei vecchietti rimbambiti), i vegetariani (ricchioni). Va tutto bene". E ancora: "Nel frullatone cinematografico elementare di Zalone ogni minoranza va sputtanata a dovere con un’iperbole (geniale?) dietro l’altra, un detto popolare, un gioco di parole, una rima che ci sta bene. Ok, siamo d’accordo: se dobbiamo far tornare gli italiani al cinema, se dobbiamo distruggere questo sistema di sovvenzionamento statale infinito per i film che poi in sala non fanno un euro, se dobbiamo mostrare che il popolo ha bisogno di ridere senza pensare troppo, perché la vita è dura, c’è la crisi, ecc… insomma per questi alti fini istituzionali e culturali si producano pure cinque, dieci – non di più, però – Zalone; ma almeno concedeteci la possibilità di non vederlo tutto, di non arrivare alla fine, di dire che fa pietà, di non doverci sorbire una Giovannona Coscialunga in ginocchio sui ceci. Perché la questione dell’elite intellettuale che impone canoni di bellezza al volgo ci sta tutta, e in certi casi va satireggiata e sfottuta; ma qui, davvero, per vendicarci del torto millenario di aver fatto digerire ‘capolavori’ sentenziati a priori dei Sokurov o Straub-Huillet, o delle commedie borghesi italiane finanziate dal Mibact, siamo andati molto oltre.
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