L'eroismo americano celebrato da un tedesco

di Roland Emmerich con Ed Skrein, Patrick Wilson, Luke Evans, Aaron Eckhart

Kolossal bellico degno della miglior tradizione storico-militare in declinazione cinematografica, Midway affronta le celebre battaglia del Pacifico nella Seconda guerra mondiale tra giapponesi e americani. Si parte dalla premessa con l'attacco nipponico a Pearl Harbor per passare poi alle conseguenze di quella che fu la prima incursione di un esercito nemico in «territorio» a stelle e strisce. Lo scontro di Midway fu la risposta di una flotta decimata e in difficoltà al preponderante schieramento di forze della potenza orientale. Gli eventi, fedelmente riportati sulla base storica, vengono affrontati da tre prospettive diverse. L'eroe Dick Best che sfidò il cannoneggiamento e i caccia andando a colpire il cuore delle portaerei nemiche. L'ufficiale di Marina Edwin Layton che, con l'aiuto di un crittografo e del generale Chester Nimitz (un ottimo Woody Harrelson, ex sceriffo di Tre manifesti a Ebbing, Missouri) gestirono il lavoro di intelligence grazie al quale individuarono i punti deboli dei rivali. E infine gli ufficiali giapponesi che misero a punto le strategie, con la colpevole responsabilità di sottovalutare la rete di intercettazioni che offrì agli americani un piccolo vantaggio, nonostante uomini e mezzi malmessi e inferiori numericamente. Ne esce un film di valore storico ineccepibile che mescola azioni e incursioni militari a risvolti umani e familiari raccontando anche le vicende personali di chi prese parte al combattimento tra paure, rischi, angosce e drammatiche conseguenze individuali.

La materia consegnata nelle abili mani del regista tedesco Roland Emmerich, a suo agio con i kolossal dopo Indipendence Day e The day after tomorrow, diventa appassionante senza cali di tensione e si sottrae alla folta tradizione dei film su Pearl Harbor - Tora tora tora!, Da qui all'eternità, Arcipelago in fiamme, solo per citarne alcuni - e puntare sull'eroismo americano. Una chiave insolita, in mani tedesche, ma il tempo - si sa - è galantuomo e l'unica pecca è la nemesi al contrario. Ovvero, la retorica agiografica che esce a fiotti quasi a ogni fotogramma.

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