L'intellettuale di sinistra? Stupido, vanitoso, parolaio

di Sergio RicossaRiconoscere un tipico intellettuale di «sinistra» non costa alcuna fatica, perché egli si proclama tale ai quattro venti e fa lega solo con chi si proclama tale. Ogni altro intellettuale è per lui un essere inferiore, anzi, non è un intellettuale affatto: è un «servo dei padroni» o peggio. Benché facciano mazzo fra loro, gli intellettuali di «sinistra» non mostrano di amarsi. Si premiano a vicenda, ma è un do ut des, solo uno scambio di decorazioni nobiliari: «Dammi la gran croce del merito sociale, e ti darò il collare dell'ordine della giustizia egualitaria». Questo poi non impedisce loro di insultarsi. Così pure i nobili si sfidavano continuamente a duello; però rifiutavano di battersi con un plebeo, lo ritenevano indecoroso, e similmente gli intellettuali di «sinistra» non scendono a singolar tenzone con un uomo bollato di «destra».Essi sembrano amare praticamente nessuno se non il proprio io, alla Narciso (fors'anche un po' alla borghese?). Amano il popolo come astrazione, lo detestano probabilmente come insieme di persone vive, e cioè rumorose, sudate, invadenti, volgari. Il popolo vivo sembra sopportabile solo se lo si guarda dall'alto di un palco ben isolato ed elevato. Irreggimentare il popolo, metterlo in fila, comandarlo, tutelarlo anche, ma come si tutelano i minori, finalmente farsi applaudire dal popolo: ecco le seduzioni di chi sta a «sinistra». Seduzioni a cui è tanto più difficile resistere quanto più gl'intellettuali hanno origini lontane dal popolo. In tal caso, ci si può interessare al popolo come un socio della società per la protezione degli animali può interessarsi agli animali: con intensità e distacco. Il borghese generalmente non può: è ancora nel popolo o ne è appena «emerso» e non lo rinnega. Il populismo dell'intellettuale di «sinistra» non è segno di origine popolare, è segno del contrario.***Gli intellettuali di «sinistra», questo sì, hanno messo a punto un loro linguaggio speciale, oscuro e suggestivo, per sentenziare su quei temi. Il «sinistrese» ne è la riduzione a gergo corrotto e ridicolo. Ma nelle forme superiori, il linguaggio di «sinistra» è uno strumento pericolosamente, subdolamente efficace. Grazie a ciò, ci volle più di un secolo, ci vollero molti lutti, per accorgersi che quasi tutta l'economia di Marx è un mero gioco di parole: più che un castello di carte, un castello di schede da vocabolario. I più perspicaci lo notarono fin dal principio, e tuttavia manchiamo oggi ancora di un metodo completo per demistificare qualunque verbosità del genere. ***Basta imparare a memoria l'apposita lingua intellettuale, e farla suonare, ciò che è alla portata di tutti, diversamente dalla genialità o anche solo dall'intelligenza. «Il cretino di sinistra ha una spiccata tendenza verso tutto ciò che è difficile. Crede che la difficoltà sia profondità» (Sciascia). Il non cretino di «sinistra» ama farlo credere, e ci guadagna. Come tutti i dogmatici, ama la cavillatio. Il borghese, che voglia difendersi o meglio attaccare, farà bene a lasciare agli avversari l'arte del bla-bla-bla. Non è arte per lui. Nel carattere borghese c'è un gusto insopprimibile per la concretezza, che è poi quanto gli fa prendere sul serio l'individuo (la realtà) e non il collettivo (l'astrazione). Appunto, eserciti questo gusto e non prenda sul serio la logorrea degli intellettuali di «sinistra», non se ne lasci invischiare. Ne rida, la collezioni negli stupidari, quando ne incontra un campione ragguardevole. La studi col solo scopo di esprimersi nello stile opposto il più possibile. Miri alla chiarezza, e le sacrifichi i fronzoli; miri alla semplicità, a costo della semplificazione.

Segua la lingua di Machiavelli, che della sua opera diceva: «Io non l'ho ornata né ripiena di clausule ample, e di parole ampullose e magnifiche, e di qualunque altro lenocinio o ornamento estrinseco, con li quali molti sogliono le loro cose descrivere e ornare; perché io ho voluto o che veruna cosa la onori, o che solamente la varietà della materia e la gravità del subietto la facci grata».

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