Può sembrare un'iperbole, ma sostenere che Testimone la notte (Bompiani, pagg. 624, euro 22) di Daniele Bresciani sia uno dei thriller italiani meglio riusciti degli ultimi anni non è un'eresia. Bresciani ha fatto propria la lezione dei grandi maestri del genere: costruire una trama a orologeria, creare personaggi credibili, inseriti in un contesto tematico delineato (in questo caso, l'amore per la natura, la difficile convivenza tra ambiente e crescita urbanistica, il bullismo e i rimorsi) e mantenere alta la tensione in un susseguirsi di colpi di scena e risoluzioni. In più, c'è lo stile narrativo: mai sopra le righe.
Testimone la notte è una nuova indagine dell'ispettore Dario Miranda che investiga sul ritrovamento della mano di una ragazza, in un parco milanese, mentre vi si trova per studiare gli animali selvatici che popolano le zone circostanti la città. Insieme ai resti umani, Miranda trova una tagliola lasciata da qualcuno che non nutre i suoi stessi slanci da naturalista. Addentrandosi nelle indagini e scavando nel sonnacchioso sottobosco dell'alta borghesia milanese, Miranda dovrà fare un salto nel passato per ricostruire moventi sfuggenti e cicatrici di bassa umanità.
Il romanzo di Bresciani, penna storica del giornalismo italiano, ripropone un personaggio riuscitissimo, regalando ai lettori la sua seconda avventura. In fondo, Bresciani ha sempre avuto una chiara propensione per le storie thrilling. «Credo che la suspense - ci dice - sia paragonabile alla vertigine che si prova sulla punta di un trampolino, guardando l'acqua sottostante, alla paura di lanciarsi unita a quell'irresistibile attrazione del vuoto. Si rimane lì, in bilico, indecisi, finché si prende il coraggio e ci si tuffa. C'è un istante di brivido quando si piomba in acqua e ci si rende conto di essere ancora interi».
Già in un libro come Nessuna notizia dello scrittore scomparso che, malgrado il titolo, non si configura come un autentico romanzo di genere, l'autore milanese aveva indicato la via che poi avrebbe imboccato. Infatti, con la comparsa dell'ispettore Dario Miranda in Anime trasparenti il salto della staccionata è indiscutibile: siamo in tutto e per tutto nella sfera del thriller.
Jeffery Deaver, un maestro del genere, dice sempre che un grande thriller deve saper tenere alta la tensione narrativa, ma anche essere suffragato da argomenti che arricchiscano il lettore. Testimone la notte ha questa freccia al suo arco. Si potrebbe dire che si tratta di un «semplice thriller». Meglio dire invece che è un «grande thriller». «Sono un lettore del genere - dice l'autore - anche se discontinuo, nel senso che mi piace alternare. Se devo citare degli autori che ammiro, dico John le Carré, Stephe King, Jo Nesbø, Fred Vargas, Jeffery Deaver, Don Winslow, Michael Connelly, con la consapevolezza che alcuni non sono catalogabili nel noir duro e puro ma coprono orizzonti più ampi. Cerco di sfruttare i meccanismi del giallo per raccontare altro.
Resto un giornalista e spesso il mio spunto di partenza è una situazione quotidiana o un fatto di cronaca. In Testimone la notte il tentativo è raccontare le ferite create da un atto di bullismo in chi lo subisce come in chi lo compie o ne è silenzioso testimone».
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