Il suo edificio più conosciuto è il Centre Pompidou di Parigi, progettato nel 1971 insieme all'amico Renzo Piano. Un edificio per cui noi Italiani abbiamo sempre provato orgoglio, pensando che a Parigi l'icona della modernità è frutto del pensamento di due architetti italiani.
Richard Rogers, scomparso ieri a Londra all'età di 88 anni, era infatti nato a Firenze nel 1933 da genitori britannici, tornati in Inghilterra con lo scoppio della seconda Guerra mondiale. La sua famiglia abitava però la Toscana da un paio di secoli, cugino di suo padre era l'altrettanto noto Ernesto Nathan Rogers, fondatore del mitico studio di architettura BBPR. E anche lui, nonostante fosse stato insignito del titolo di baronetto e sedesse alla Camera dei Lord, non aveva dimenticato l'Italia. In una delle sue ultime lectio magistralis, a Bologna in occasione di Cersaia, aveva riassunto il proprio pensiero con una frase del musicista Jonh Cage: «Non capisco perché le persone abbiano paura delle idee nuove. Io ho paura di quelle vecchie». La sua architettura, infatti, rifletteva l'idea di nuovismo e di sperimentazione tipica del movimento cosiddetto «High Tech» di cui era stato assoluto protagonista con Piano e Norman Foster: basti pensare alla sede londinese dei Lloyd's, inaugurata nel 1986 nella City di Londra, un grattacielo acciaio e vetro soprannominato dai detrattori «la grattugia», in cui si esemplifica il desiderio di mostrare le sovrastrutture tecnologiche fino a farle diventare elementi caratteristici delle facciate.
Lo stesso accade nel Beaubourg, in cui la struttura portante a vista, a cui si aggiungono le scale mobili, i condotti degli impianti e le altre strutture tubolari, rigorosamente situati all'esterno per rendere più flessibili e utilizzabili gli spazi interni, conferiscono all'edificio la potente trasparenza di una gigante macchina di 100mila mq, uno spazio pubblico di spietata forza concettuale pur nell'estrema leggerezza, un museo che ha cambiato l'idea stessa di museo, e su cui Rogers spesso scherzava: «Io ero contro, per fortuna gli altri erano a favore. Così ho accettato il volere della maggioranza e l'abbiamo fatto».
Vincitore nel 2006 del Leone d'oro alla carriera alla Mostra di Architettura della Biennale di Venezia, premio Pritzker nel 2007, Rogers è considerato uno degli architetti più influenti del Dopoguerra, esponente di un certo post modernismo anche se si autodichiarava discepolo del pensiero progettuale di alcune avanguardia quali il Costruttivismo, il Futurismo e il Cubismo; a lui si devono, tra i molti progetti, l'ampliamento dell'aeroporto di Marsiglia (1993); l'edificio della Corte europea dei diritti dell'uomo a Strasburgo (1992-95); il Millenium Dome di Greenwich a Londra (1999); il Tribunale di Anversa (1998-2005); il terminal dell'aeroporto di Barajas a Madrid (2004); l'East River Waterfront a New York (2004-2006); l'One Hyde Park a Londra (2007-2010); la rifunzionalizzazione dello stadio di Las Arenas a Barcellona (2011); la National Assembly for Wales a Cardiff (1998-2005), caratterizzata da una spettacolare copertura a sbalzo e da un iperboloide cavo che si erge al di sopra della sala principale garantendone la ventilazione naturale; la torre 3 del World Trade Center a New York (2007-12), realizzata a Ground Zero; fino al Centro civico di Scandicci (2013). E fra i suoi più recenti progetti in corso d'opera, l'ampliamento della British Library di Londra.
Eppure gli esordi non furono facili, dapprima da bambino la fuga dall'Italia, poi le difficoltà scolastiche dovute a una dislessia conclamata, infine nel 1962 i primi passi nell'architettura solo dopo aver completato gli studi a Yale, in America. Determinanti furono l'incontro con Foster con il quale fondò nel '64 insieme alle rispettive mogli il Team 4, e quello con Piano nel '68 con il quale strinse un lungo sodalizio.
Se dal punto di vista dell'architettura gli edifici più iconici di Rogers sono di una micidiale modernità che però già mostra la corda (il Pompidou ormai fané sarà sottoposto a un importante restauro nel 2025), interessante la sua visione da urbanista che può essere sintetizzata in modo icastico nella frase da lui spesso usata: «La città deve essere compatta».
L'elemento della densità architettonica, ma anche della densità umana dei vissuti e delle memorie è infatti imprescindibile perché esista la città che, per essere a misura d'uomo, non può dilatarsi oltre un certo confine e anzi deve ricompattarsi al centro; forse in questo senso, Rogers pensava alla sua Firenze più che alle megalopoli del mondo, alla cupola del Brunelleschi che vedeva da bambino più che agli edifici stranianti della contemporaneità.
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