Lockdown all'italiana - che va in onda questa sera alle 21.34 su Canale 5 - è la pellicola diretta da Enrico Vanzina uscita in piena pandemia, quando l'Italia era ancora alle prese con gli strascichi della quarantenza e della divisione a zone. Proprio per il clima tutt'altro che rilassato che incombeva sul Belpaese, Lockdown all'italiana è stato al centro di non poche polemiche.
Lockdown all'italiana, la trama
Mariella (Paola Minaccioni) è una donna che pensava di avere una vita piuttosto serena e tranquilla, ma di punto in bianco scopre che suo marito Giovanni (Ezio Greggio) ha avuto una relazione adultera con Tamara (Martina Stella), una ragazza "borgatara", che vive nella periferia romana. Walter (Ricky Memphis) è il compagno di Tamara e si guadagna da vivere come tassista e l'ultima cosa che vorrebbe dopo una giornata di lavoro è scoprire che la compagna lo tradisce con un uomo impettito della "Roma Bene". Le due coppie, dunque, capiscono di non poter più resistere e che il matrimonio è naufragato. Sia Giovanni che Tamara sono pronti a lasciare i rispettivi tetti coniugali, ma prima di avere la possibilità di superare la soglia di casa, dalla televisione si diffonde la decisione presa dal governo di chiudere tutto e di costringere l'Italia a un lockdown generale. Le due coppie sposate, dunque, saranno costrette a vivere ancora sotto lo stesso tetto, con la rabbia e il risentimento a fare da contorno a una situazione già di per sé piena di tensione e dubbi. Riusciranno i quattro protagonisti a sopportare la convivenza forzata con il proprio partner almeno fino alla fine della quarantena?
Le polemiche contro il film
Come si legge su Il Corriere della Sera, Lockdown all'italiana è "probabilmente il primo film italiano di finzione girato dopo la fine dell'isolamento". La pellicola, infatti, è stato uno dei primi film a essere realizzato con il chiaro intento di riportare le persone al cinema, di allontanarle dall'incubo della quarantena e della cosiddetta "sindrome della capanna" che per mesi ha reso difficile a molti italiani abbandonare la sicurezza della propria dimora per avventurarsi fuori. Inoltre Lockdown all'italiana trascina con sé un altro piccolo primato. Si tratta infatti della prima regia per Enrico Vanzina. Dopo aver passato più di cinquant'anni a scrivere sceneggiature per il cinema e a collaborare "dietro le quinte" per il fratello Carlo, Enrico Vanzina ha deciso di debuttare dietro la macchina da presa proprio dopo il trauma della morte di Carlo Vanzina. Per questo suo debutto cinematografico, il neo-regista ha scelto di portare sul grande schermo i tic e le abitudini che gli italiani avevano sviluppato nel terribile periodo della quarantena. A differenza di molti altri, però, Enrico Vanzina ha scelto di fare un film che appartiene alla commedia. Ed è stata proprio questa scelta a far ricadere su Lockdown all'italiana numerose polemiche.
Ancor prima che il film avesse modo di raggiungere la sala, quando la distribuzione aveva solo diffuso la locandina, il popolo di Internet è insorto, attaccando il film per la sua mancanza di delicatezza e tatto, per l'insensibilità nel cercare di far ridere sulle disgrazie di altri. Come si legge su Il fatto quotidiano, infatti, in un brevissimo lasso di tempo si è scatenato un vero e proprio inferno di tweet e dichiarazioni, come: "Nella locandina mancano 35mila morti. Ma mi sa che tra le mutande di Greggio e il c*lo di Martina Stella non ci stavano. Pietosi”, oppure: “Un periodo tragico per milioni di italiani, lutti, famiglie in difficoltà economiche, problemi per mancati servizi sanitari o a persone con disabilità… e ci fate un film COMICO? Inorridisco”. Anche alcuni lavoratori del settore come il regista Francesco Bruni hanno, sempre secondo Il fatto quotidiano, commentato l'uscita di una commedia incentrata sullo scoppio della pandemia. Non si sono però fatte aspettare le risposte di Enrico Vanzina che, a La Repubblica, ha spiegato: "Sebbene faccia il cinema da tanti anni è stata una cosa totalmente inaspettata. Sono un po' amareggiato. Per tante ragioni. Innanzitutto mi chiedo: quante sono le persone che hanno scatenato questo attacco? 40, 100, 200, 500? Cinquecento persone oggi bastano a mandare una persona e una cosa in prima pagina sui giornali, c'è da rifletterci. Chi fa il cinema è abituato a essere giudicato, fa parte del nostro lavoro ed è giusto che sia così. Ma bisogna giudicare dopo aver visto le cose. Si è scatenato un attacco che colpisce qualcosa che va oltre la critica, perché mette in discussione il diritto alla commedia. Per fortuna si parla spesso male di loro - metto anche me perchè sono un giornalista anche io - ma le grandi penne del giornalismo italiano sono scese in campo per riportare il dibattito sulla questione principale. Che è, appunto, il diritto alla commedia. Ho i capelli bianchi e dico la verità in modo totale: tanti anni fa, quando ero più giovane, perché vengo da molto lontano e ricordo molte pagine del cinema italiano, al di là del difendere me o il film che nessuno ha visto, all'epoca di Nanni Loy, Ugo Pirro, Gigi Magni, Lina Wertmuller, Mario Monicelli, Ettore Scola, nel momento in cui fosse stato toccato il tema del diritto alla commedia ci sarebbe stata una levata di scudi del cinema italiano. Io non ho sentito nessuno, oggi, parlare del cinema italiano, ho sentito i grandi giornalisti.
Se questa cosa è stata trasformata in una battaglia, si tratta di una battaglia di libertà. Sono un pochino deluso dai colleghi, che evidentemente hanno paura di fare brutta figura sui social. E questo mi dispiace molto. Mi aspettavo qualcosa di più che non è arrivato".- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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