La notizia della morte di Roberto Calasso, giovedì, ha scatenato una danse macabre che dice molto sul mondo culturale italiano che lui influenzò più di quanto, probabilmente, apprezzasse. Ieri le pagine culturali dei quotidiani italiani lo hanno naturalmente celebrato, da un parte con quella punta ineliminabile di autoreferenzialità che contraddistingue i nostri intellettuali (fino al titolo egotico: Così Calasso cambiò la mia vita, in prima pagina, sul giornale più prestigioso del Paese), e dall'altra sottolineando - forse a ragione, forse a torto - più il peso editoriale che letterario del de cuius. La stampa estera, in grande spolvero, ha fatto il contrario: per Le Figaro Calasso è stato «un monumento della letteratura italiana», per il settimanale tedesco Die Ziet è stato «un filosofo culturale», per il quotidiano spagnolo El Pais ha dedicato «una vita al pensiero e alla letteratura, al racconto di miti antichi» e a indagare «l'orfanità moderna», mentre Le Monde ha ricordato il «grande studioso e anche autore di un corpus di opere magistrali e superbamente singolari». Noi ci siamo fermati alle copertine.
Ieri l'iniziativa più importante presa a livello di istituzioni è stato l'invito di Ali Confcommercio alle librerie a dedicare una vetrina ai testi di Roberto Calasso «che con il suo lavoro culturale tanto ha dato al mondo del libro italiano». Pare che molte librerie, da Nord a Sud, abbiano aderito. Almeno questo. Ah: sarà realizzato anche un video collage delle vetrine che viene pubblicato oggi sulla pagina facebook dell'associazione.
Per il resto, l'intellighenzia nell'omaggio a Calasso si è divisa in due. In presenza e da remoto.
Presenti ieri all'«ultimo saluto», alla camera ardente, in via San Giovanni sul Muro, a Milano, non erano moltissimi, almeno sino a metà pomeriggio (la bara, senza simboli religiosi, è stata posizionata al centro di una sala della casa editrice, tappezzata di Adelphi: sopra fiori bianchi e un pacchetto in cui era avvolto un libro, e dalle dimensioni sembrava un adelphino). Sono passati Carlo Feltrinelli, Stefano Mauri del Gruppo Gems (magari comprano loro Adelphi, chissà), Ernesto Franco a nome di tutta l'Einaudi, Romano Montroni, alcuni autori della maison (tra i quali Edgardo Franzosini e Benedetta Craveri), un editore molto vicino a Calasso per riservatezza e cultura (Vincenzo Campo, della Henry Beyle)... Poi sul libro delle firme abbiamo visto un «Brodskij», qualche giornalista, e quelli che immaginiamo siano fedeli lettori del marchio.
Da remoto, invece, il cordoglio è stato oceanico. Giovedì, fin dal mattino e per tutto il giorno, è stata una sfilata di parvenu sul disparu. Sui social tutti hanno voluto postare la propria. Insomma, «È morto il Sommo e non so che fotina mettermi», ossia: «Con quale dorsetto mi si nota di più?». E così è stata una generale corsa a scegliere la copertina Adelphi più fotogenica, quella del libro che ci ha cambiato la vita, foto di intere pareti a libreria, scaffali e scrivanie...
Con cover muta, con cover più aneddoto, con cover più aneddoto più citazione, con cover più aneddoto più citazione più filmato di repertorio più logo-pittogramma... Quando i libri si leggo poco, o non si leggono, il post diventa un'ottima copertina di Linus.
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