Lovelock, lo scienziato che teorizzò "Gaia" ma voleva un'ecologia a energia atomica

Definì per primo la Terra come una comunità autoregolata di organismi

Lovelock, lo scienziato che teorizzò "Gaia" ma voleva un'ecologia a energia atomica

È morto l'altra sera, a 103 anni, James Lovelock, uno degli scienziati più noti e visionari, e quindi anche contestati, del Novecento. Sua è la così detta teoria di «Gaia» - ovvero che il nostro pianeta nel suo insieme costituisca una sorta di organismo olistico autoregolato da sottili e complesse interazioni - che a partire dagli anni Settanta lo ha innalzato a icona dell'ecologismo. Un'idea che anche se scientificamente discutibile ha influenzato tantissimo l'immaginario collettivo sino a diventare portante ad esempio in film di fantascienza come Avatar di James Cameron (tre Oscar).

Lovelock era nato a Letchworth, in Inghilterra, il 26 luglio 1919. Sin da ragazzo mostrò un enorme talento per la scienza e tutte le sue possibili applicazioni. Spaziava dalla curiosità per qualsiasi circuito elettrico all'osservazione dell'ambiente biologico, con quel pizzico di passione per il rischio che lo portava verso le scalate. Alieno a ogni specialismo rigido sfruttò la fluidità delle università e degli enti di ricerca britannici dell'epoca per non farsi ingabbiare in ricerche troppo rigide e di settore. Laureato in chimica, cominciò, nel 1941, a operare in ambito medico, partecipando a esperimenti per rilevare la presenza di agenti patogeni nei luoghi affollati (come i rifugi antiaerei) e al fine di trovare nuove cure per le vittime di ustioni causate dalle incursioni aeree tedesche. La sua prima invenzione epocale è arrivata nel 1957 quando ha creato il rivelatore a cattura di elettroni (fondamentale per riconoscere gli elementi chimici presenti in un campione). Questa scoperta lo portò, nel 1961, ad essere reclutato dalla Nasa: si unì al team incaricato di studiare la possibilità di vita extraterrestre, e come rilevarla, in ambienti come la superficie di altri pianeti. Suo il congegno pensato per questo scopo montato sulla sonda Vikings poi spedita su Marte. Proprio a partire da queste ricerche Lovelock ha sviluppato il suo approccio particolare agli ecosistemi.

Per usare parole sue: «Tutto il complesso della materia vivente sulla Terra, dalle balene alle piante o ai virus, è un'unica entità capace di manipolare l'ambiente allo scopo di soddisfare i propri bisogni». Queste idee, pubblicate una prima volta nel 1972 sulla rivista Atmospheric Environment, sono poi state ampiamente divulgate in saggi come Gaia. Nuove idee per l'ecologia (in Italia per i tipi di Bollati Boringhieri). Scontato il plauso dei movimenti ecologisti, comprensibile lo scetticismo di scienziati abituati ad un approccio meno multidisciplinare e più centrato su tesi molto più empiricamente dimostrabili.

Però si farebbe un torto a Lovelock ad appiattire il suo pensiero sulla più comune melassa ecologista. Se il suo approccio a «Gaia» era non convenzionale, le sue soluzioni erano lontane dalla favola del downshifting. Ha detto a più riprese che per ottenere un'energia pulita era ed è indispensabile il nucleare. Vedeva i rischi della modernità ma sottolineava anche tutti i benefici innegabili della rivoluzione industriale. Conscio del rischio climatico - tra i suoi contributi alla scienza anche l'invenzione di un metodoper rilevare i Cfc, dannosi per lo strato di ozono - ha però guardato con fiducia al Novacene (titolo di un suo saggio sempre per Bollati Boringhieri), ovvero una futura età in cui uomo e intelligenza artificiale potrebbero convivere bene al di là delle previsioni dei catastrofisti.

Una nuova alba, anche a energia nucleare, che a molti ecologisti, fan della catastrofe a tutti i costi, non è piaciuto veder preconizzare. Se ci sarà, Lovelock non potrà vederla, di certo gli va riconosciuto il merito di non aver mai voluto vedere la salvaguardia di «Gaia» come un insensato ritorno al passato.

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