L'incidente, il coma e la lotta al coronavirus. La vera storia dietro "Doc"

La fiction Rai tornerà in autunno con i nuovi episodi e un probabile lieto fine, ispirato alla vita di Pierdante Piccioni. Il medico da "principe bastardo" e padre "ranger" è diventato un eroe ai tempi del coronavirus

L'incidente, il coma e la lotta al coronavirus. La vera storia dietro "Doc"

"Doc- Nelle tue mani", la fiction Rai con Luca Argentero, ha riscosso un grande successo. L’ultima puntata, andata in onda lo scorso 16 aprile, ha lasciato tutti col fiato sospeso, mantenendo più di una questione aperta. Le riprese della prima stagione sono state interrotte bruscamente a causa dello scoppio della pandemia di coronavirus e il pubblico dovrà attendere un po’ per conoscere il destino del Dottor Andrea Fanti, protagonista della serie. Ma una cosa la sappiamo, questa dovrebbe essere una storia a lieto fine. "Doc- Nelle tue mani" è liberamente ispirata a un fatto realmente accaduto nel 2013 e raccontato nel libro "Meno 12", edito da Mondadori. Chi è dunque il vero Andrea Fanti?

Il suo nome è Pierdante Piccioni, classe 1959. Era il primario dell’Unità operativa di Pronto Soccorso dell’ospedale di Lodi, consulente del Ministero della Salute e membro del direttivo dell’Academy of Emergency Medicine and Care, ma anche marito di Assunta e padre di Filippo e Tommaso. "Dicono che ero corretto, ma molto duro", ha raccontato il medico in un’intervista sul settimanale Gente. I suoi colleghi in corsia lo avevano soprannominato "il principe ba****do", come avrebbe appreso anni dopo.

Un terribile incidente in auto sulla tangenziale di Pavia ha, però, cambiato tutto: gli ha cancellato la memoria, riportandolo a 12 anni prima. "L’ultimo ricordo che ho è il momento in cui sto uscendo dalla scuola elementare di mio figlio Tommaso, dopo averlo accompagnato in classe la mattina del suo ottavo compleanno - scrive Piccioni nel suo libro -. Nella mia testa sono passate poche ore, quelle in cui avevo perso i sensi. In realtà sono trascorsi quasi dodici anni, perché Tommaso aveva compiuto otto anni il 25 ottobre 2001".

Al suo risveglio dal coma, pensava di essere il padre di due bambini di 11 e 8 anni, e invece si è trovato davanti una moglie più anziana e due figli, ormai uomini, che stentava a riconoscere. "Assunta sembrava più vecchia. Aveva più rughe sul collo e i capelli erano più corti – ha raccontato il medico su Gente -. Era successa a tutti la stessa cosa, come in un film di fantascienza. Filippo e Tommaso erano due ragazzoni, due marcantoni ben piantati in jeans e maglietta, che sembravano avere almeno vent’anni, uno con la barba, l’altro che mi fissava tutto serio". Anche la tecnologia e la società avevano fatto passi avanti da gigante: i fax avevano fatto spazio agli smartphone, le amicizie reali a quelle su Facebook, e gli acquisti si facevano in euro e non più in lire. Ha scoperto di essere stato un medico non molto empatico, di aver avuto un soprannome non molto carino e soprattutto di essere stato un padre un po’ "assente", molto impegnato a far carriera. Ma lui non voleva più essere così.

Ha ricostruito un rapporto con i suoi figli e ripreso a studiare, dimostrando a tutti che, nonostante il trauma celebrale, poteva tornare a fare il medico. Pur avendo riottenuto un posto come primario, all’ospedale di Codogno, ha deciso di rinunciarvi: essere stato un "paziente" per due lunghi anni lo ha cambiato per sempre. Pierdante Piccioni si è specializzato in "pazientologia" e ha iniziato ad assistere disabili e malati cronici dopo il ricovero in ospedale.

Ora è impegnato nella lotta contro il coronavirus giorno e notte: "Lavoro dalle 7 di mattina alle 7 di sera, poi vado a casa, a Pavia, dove ci sono mia

moglie e uno dei miei figli, perché l’altro non vive con noi. E la sera telefono ad amici e colleghi per scambiarci idee e consigli". Decisamente quella di Pierdante Piccioni è una vita da film, o meglio da fiction.

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