"Prima di tutto fammi vedere come sta il tatuaggio”: mi accoglie così Massimo Gurnari, noto artista - come mi piace chiamarlo - dello studio di tattoo The Saint Mariner di Pietro Sedda.
Solo e sempre lavoro, a parte quei dieci minuti che si concede per una sigaretta. Attimi fatti di aneddoti e risate; arte e futuro, senza dimenticare qualche commento ai fatti più cult del momento. Quadri, aghi e inchiostro che l'hanno avvicinato negli anni al panorama musicale italiano, permettendogli di conoscere realtà davvero interessanti.
Se ti chiamo artista per tutta l'intervista?
"Smettila, preferisco tatuatore"
Va bene. Allora sei un tatuatore professionista, ma come è iniziata la tua carriera?
"Casualmente. Ho sempre dipinto e fatto mostre, poi sono entrato in contatto con altri tatuatori, diventati collezionisti e poi amici, che mi hanno spinto a entrare nel mondo del tattoo"
Sei passato come tanti dalla cameretta allo studio?
"A dir la verità il mio passaggio all'arte dell'inchiostro è diverso da quello classico: prima ho lavorato alle tele su cavalletto. Dopodiché ho ricevuto clienti a casa, come tanti oggigiorno, e poi ho fatto il salto negli studi di tatuaggi"
E la tua prima volta da "pro"?
"Da Pietro Sedda, a Milano, circa sei anni fa. Quando (Pietro) ha aperto a Milano mi ha chiamato e ho fatto gavetta con lui. Poi ho intrapreso la mia carriera solitaria. Nel 2016 mi sono ricongiunto con Sedda, con qualche anno in più sulle spalle e una collaborazione con lo Studio Backyard in via Gian Giacomo Mora. Un ritorno alle origini"
Ma di quel Massimo alle prime armi a quello di oggi, cosa è cambiato? La tua arte è rimasta immutata tra tele e inchiostro su pelle?
"In realtà i percorsi tra tattoo e quadri sono indipendenti. Le ricerche sono molto distinte. Nei dipinti sono più pop, con più richiami all'attualità, mentre nel tatuaggio amo l'iconografia più antica, più scarsa, basata sul bianco e nero, fatta di linee e di segni" (Clicca qui per vedere i tatuaggi di Massimo Gurnari)
Insomma che sia arte o tatuaggio, ti sei fatto da solo? O la scritta "Self Made" sulle tue mani è solo un pensiero filosofico
"Quello che ho fatto, poco o tanto che sia, l'ho raggiunto da solo. Mi sembrava un dettaglio coerente e un messaggio che mi piaceva portare addosso"
Tanti dipinti e opere quanti tatuaggi. Molti personaggi noti, soprattutto nel mondo della musica, si sono fatti tatuare da te
"Sì, è verissimo. Tra musica e tattoo c'è una connessione molto forte, soprattutto in America. Ora anche in Italia l'arte dell'inchiostro sotto pelle è stata sdoganata. Ed è infatti molto giovane. Siamo passati ad avere personaggi di nicchia a quelli che oggi spopolano nelle classifiche musicali. Chiaramente questo ha portato linfa nuova nel mondo dei tatuaggi. Si può dire che musica e tattoo sono cresciuti insieme"
Ci sono dei lati negativi?
"Chiaramente. L'ambiente è cambiato più nel male che nel bene. Il tatuaggio ha avuto una crescita spropositata negli ultimi anni. Un bene, se non fosse che ha attirato mondi che mai si erano mai avvicinati prima. Ne sono un esempio le campagne pubblicitarie, la moda, gli stilisti e via dicendo. Qualche anno fa essere un modello tatuato non era immaginabile. Oggi invece sembra una qualità imprescindibile"
Campagne in cui sei spesso co-protagonista, o sbaglio?
(Ride). "Si è vero, con la pancia di Fedez. Ha un mio pezzo, penso sia il tatuaggio italiano più visto, fotografato e stampato in Italia. Ma dimostra solo quanto lui sia la personalità più in vista, nel panoramica musicale e televisiva, in questo momento.
Che tatuaggio è?
"È un freak Gesù, simili a quegli uomini barbuti del circo. Un volto sovrastato dalla scritta ‘Oooh my god', dove una delle O era l'ombelico. In quel periodo facevo disegni simili con gli acquerelli sul mondo circense a lui piaceva e quindi è passato dalla carta alla pelle. Ma ha anche qualche mio quadro, mi pare di averlo visto in qualche Instagram Stories"
E che rapporti avete o hai avuto?
"Possiamo parlare di amicizia. L'ho tatuato in casa, quando cantava e si faceva i video da sé. Quando ancora non era nessuno e non aveva un euro. Ricordo di molte discussioni comiche tra me e lui: amava i Blink182 e io mi chiedevo sempre come potesse fare rap senza ascoltare gruppi del calibro dei Public Enemy"
Ma tra i tuoi clienti "famosi" non c'è stato solo Fedez
"No. Jake La Furia, Entics, Vacca, Marracash, Jake Jaselli a Andrea Rock. Poi Gue Pequeno, non l'ho mai tatuato ma ha diversi miei quadri. Con la Dogo Gang si andava spesso a prendere un birra. Poi però le situazioni di ognuno di noi sono cambiate..."
Cioè?
"È difficile a dirsi. Prima c'era una frequentazione più costante. Diciamo che ognuno è andato avanti. Certe cose, come le serate, si accantonano. Ma non è necessariamente il successo a modificare le persone"
E tu come sei diventato?
"Io mi sento un osservatore esterno, tutto cambia, io come un perno, rimango qui. La vedo positivamente, è un pregio. Oramai è le gente che si avvicina a me. Guardo al futuro con maturità"
Parlando di maturità e futuro, hai fatto il salto oltreoceano e te la sei cavata bene con i tuoi tatuaggi?
"Direi di sì. Ho messo piede a Los Angeles per 'prelevare' la mia compagna e portarla qui in Italia. Da lì è nata una collaborazione con un tattooshop che sicuramente andrà avanti. Non solo, ho anche creato un brand, Faceless, che ha come logo una mia famosa opera d'arte, il passamontagna, con cui mi voglio lanciare nel mondo dell'abbigliamento"
Il passamontagna? Che cosa significa e soprattutto come e perché nato?
"Tutto è cominciato con una serie di quadri, che in seguito sono andati a formare un mostra. In questo "periodo", diciamola alla Picasso, applicavo un passamontagna a icone hollywoodiane o molto note per 'censurare' il loro volto. Niente meno che una ripresa dell'idea di Jean Michel Basquiat, che sosteneva come le parole censurate con un linea nera avessero più attenzione delle altre. Questo 'trucchetto' l'ho passato a due miei amici grafici che l'hanno reso un logo"
E quindi?
"Ne è nato un brand, registrato ufficialmente, con cui voglio fare questa esperienza nel mondo dell'abbigliamento, accompagnato ovviamente dalla mia fidanzata. Anche perché io di moda non ne so nulla. È un'idea semplice ma credo possa funzionare. Abbiamo creato magliette, bags e cappellini, curando ogni aspetto e già diverse realtà si sono avvicinate a noi" (Clicca qui per vedere i capi Faceless)
Tatuaggi e abbigliamento, ma dei tuoi quadri cosa è rimasto?
"Ora sono in stand-by anche se ho aperto uno shop online per vendere le mie opere. Vediamo come andrà. Sono comunque convinto che in Italia il sistema abbia delle crepe. Basti pensare al fatto che è da 5 anni che per il Corriere delle Sera sono un artista emergente su cui puntare. Praticamente si è giovani artisti fino ai 50 anni" (Clicca qui per vedere le opere di Gurnari)
Pensi quindi di andartene?
"Il luogo fisico non importa, il mio lavoro va dappertutto. L'idea è vincete, il luogo decisamente meno. Spero solo di rivedermi tra le mie opere da qui a a diversi anni."
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