Il medioevo e la crudeltà nel delta del Po. Vista da Locarno, l'Italia fa quasi paura

Tre film, tra concorso e fuori gara, con un occhio all'attualità più dura

Il medioevo e la crudeltà nel delta del Po. Vista da Locarno, l'Italia fa quasi paura

Napoli e lo scudetto di Maradona. Gli armigeri del marconte alla prima notte di nozze nel castello di famiglia in disfacimento. La guerra ai bracconieri sul delta del Po. Il vigile di campagna che affetta la vita ruspante sul Tagliamento. Storie d'amore e di follie. È il denominatore comune delle favole all'italiana, raccontate dai film di casa nostra a Locarno che viaggiano dai ricordi di una città nel tripudio anni Ottanta alla fantasia sdrucita degli spiantati in un finto Medioevo passando attraverso la brutalità dei conflitti fra italiani con contorno di immigrati.

Diciamolo subito. Se i pezzenti del Pataffio - tratto da un romanzo di Luigi Malerba - rappresentano la punta di diamante che cerca spazio fra i concorrenti del festival, sono i violenti di Delta di Michele Vannucci, a mostrare maggior qualità, pur fuori gara. Il primo sarà in sala dal 18, il secondo arriverà a gennaio ma l'attesa merita. Solo le perle fanno discutere. La famiglia e le sue sfaccettature rendono indefinibile il concetto di buoni e cattivi. Chi uccide non appartiene per forza ai secondi e perfino il bracconiere ha qualcosa di buono da insegnare.

Osso (Luigi Lo Cascio) ed Elia (Alessandro Borghi) rappresentano le facce di un'Italia, difesa dal primo e venduta dal secondo, in un conflitto fra chi vive sul delta del Po e chi arriva dalla Moldavia rumena. «Volevo rinunciare - ha detto il siciliano - non mi sembrava il mio posto. E non parlo della crudeltà della palude dove il freddo mordeva. Io, finto Osso, davanti all'Osso vero». «Ho imparato una lingua che ora amo - aggiunge il romano - ma molto vale il senso di appartenenza familiare. L'ho appreso dai moldavi».

L'attualità di Delta è un approdo per i poveracci di Malerba. Ieri come oggi il popolo chiede pane e il signorotto scappa, ma dove... La felicità è il prodotto da vendere però di gioia si può morire, sia per l'opportunista venduto al marconte sia per la dama sedotta dalle bugie di frate Alessandro Gassman. Si chiama corruzione e puzza di qualcosa che i tempi non sanno cancellare. «Vorrei che il film fosse lo spot elettorale fino al voto» ha detto Valerio Mastandrea, deciso a evidenziare riferimenti al presente, svincolando il film dal pericoloso parallelismo con Brancaleone, capolavoro accanto al quale si rischia di sparire.

Una sensazione provata anche da Piano piano di Nicola Prosatore con la compagna di arte e vita Antonia Truppo. «A raccontare Napoli e lo scudetto ha fatto prima il maestro Sorrentino. Ma anche noi eravamo pronti.

Mannaggia» ha detto il regista. Quella festa nascose tutto. Adolescenze cresciute. Camorristi impenitenti. Malviventi in erba. Sequestrati. Amori teen. Speranze. E vita. I segreti di Napoli è Napoli a raccontarli. Ancora oggi.

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