Incredibile: dopo 70 anni viene pubblicato Inferno, il romanzo affascinante e terribile di Mela Hartwig (1893-1967). Mela, ovvero Melania, proveniva da una famiglia ebraica dell'impero austro-ungarico. Il padre Theodor Herzl, sociologo, convertitosi nel 1895, aveva cambiato il cognome in Hartwig per non essere scambiato con l'omonimo Theodor Herzl che proprio in quegli anni aveva fondato il movimento sionista.
Tuttavia l'impronta ebraica rimase radicata nelle sue figlie, Mela e Grete, che divennero entrambe dapprima attrici (Grete anche cabarettista) e poi scrittrici. Mela lavorò per qualche anno anche al rinomato Schiller-Theater di Berlino. Tornata a Vienna, partecipò al concorso, indetto dalla rivista Die literarische Welt, con la novella Il delitto, che vinse e fu notata da Stefan Zweig e Alfred Döblin. Per alcuni anni continuò a pubblicare racconti e romanzi incentrati sulla posizione della donna in un'epoca di transizione, ottenendo un discreto successo. Ma con l'annessione dell'Austria al Terzo Reich nel 1938, Mela emigrò con il marito, l'avvocato ebreo Robert Spira, a Londra.
Non doveva essere una personalità scialba, la sua, infatti, entrata in contatto con gli ambienti intellettuali londinesi, divenendo persino collaboratrice di Virginia Woolf. Partecipò anche al PEN degli scrittori emigrati di lingua tedesca. Negli anni dell'esilio sviluppò l'altra sua facoltà artistica: la pittura. Alla fine della guerra tornò un paio di volte in Austria, ma l'atmosfera ancora cripto-nazista (quella descritta da Thomas Bernhard) la disgustò e scelse definitivamente Londra. Tra il 1947-1948 aveva ripreso a scrivere un romanzo, autobiografico, di una viennese che gradualmente comprende la malvagità assoluta del nazionalsocialismo, avvicinandosi alla resistenza e sopravvivendo fortunosamente nella clandestinità. Con la fine della guerra Ursula, la protagonista, riesce di nuovo a dipingere: un quadro che raffigura tutto il vissuto della catastrofe tedesca: la vergogna, la paura, la sofferenza. Dipinge appunto l'«Inferno», che dà il titolo anche al romanzo, di cui si erano perse le tracce per essere riscoperto e pubblicato nel 2018.
Ora esce in una elegante edizione per i tipi della fiorentina Spider&Fish, con un'ottima traduzione di Silvia Verdiani, che rende onore all'intenso stile dell'originale, e con una preziosa, imperdibile prefazione di Luigi Forte.
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