"Le mie cucine da incubo? Salvano i ristoranti dalla crisi"

Lo chef che ripropone in Italia il famoso programma di Gordon Ramsay racconta la sua esperienza surreale tra clienti arrabbiati, padelle bollenti e cuochi improvvisati

"Le mie cucine da incubo? Salvano i ristoranti dalla crisi"

La ricetta, televisivamente parlando, è di quelle difficili da eseguire. Infatti si trattava di cucinare in salsa italiana uno dei programmi culinari più famosi del mondo: Cucine da incubo di Gordon Ramsay (cuoco inglese che con l'insieme dei suoi locali detiene 12 stelle Michelin). Eppure Fox Italia che manderà in onda il suo Cucine da incubo all'amatriciana dal 15 maggio (FoxLife alle 21 e 55, canale 114 di Sky) sembra aver trovato lo chef giusto. Si tratta di Antonino Cannavacciuolo (2 stelle Michelin), l'anima del ristorante Hotel Villa Crespi sul lago d'Orta. Una specie di Bud Spencer della cucina che intimorisce anche solo per la mole. Che quando agita la pentola sui fornelli ha un che di luciferino. E che quando «impiatta» trasforma le sue enormi dita in strumenti chirurgici di precisione. Nei mesi di chiusura del suo locale lo hanno spedito in giro per l'Italia a rimettere in sesto ristoranti sull'orlo del tracollo. Vuoi per gli errori di gestione dei proprietari, vuoi anche per la crisi che non scherza. E lui, dotato di un'anima partenopea che lo sostiene quando in cucina c'è da strillare, e del senso degli affari del naturalizzato nordico che lo aiuta a fare i conti, ci si è messo d'impegno. Con un piglio molto meno algido del suo modello anglosassone. Un piglio incarnato dalla sua parlata napoletana fatta di accelerazioni inarrestabili e pause improvvise, che ha mostrato anche ieri presentando a Milano il programma.

L'hanno selezionata tra più di 30 chef, anche per come lei disossa il prosciutto...

«Sì lo disosso io... Ho spiegato a quelli del casting che aiuta a contenere i costi... Io non sono andato in questi ristoranti in difficoltà a insegnare a cucinare alla Cannavacciuolo, a fare il mago. Sono andato a insegnarli a fare la spesa... Pochi piatti fatti tutti con prodotti freschi. Risparmiare usando anche sulla carne e sul pesce i prodotti di stagione. Sono andato in posti a 30 metri dal mare dove cercavano di dare alla gente gli gnocchi panna e prosciutto...».

Si è divertito a farlo?

«Sì c'era gente da aiutare, le lacrime di chi rischia il fallimento sono vere, non recitate. E poi ho cucinato un sacco. Nel mio ristorante faccio lo chef, dirigo. Qui mi sono messo a spadellare con le ricette della tradizione reinventandole. Ci sono cose che non facevo da anni».

Ma come mai uno chef decide di fare un programma del genere?

«La televisione è un mezzo potente, mi serve anche per le mie aziende. Cannavacciuolo è bravo... Ma se non mi vedono in televisione o sulle riviste lo sono un po' meno. Eppure io cucino allo stesso modo».

Cos'hanno di particolare i ristoranti italiani rispetto a quelli della serie di Ramsay?

«Nel caso italiano il ristorante è spesso una cosa di famiglia, fanno fatica a chiedere aiuto... Entrare dentro i rapporti è la parte difficile, serve un lavoro sulle persone, fortissimo».

Ma una settimana sotto l'occhio delle telecamere basta?

«Si gira in una settimana. C'è il format... Poi c'è il Cannavacciuolo essere umano. La maggior parte io li sento ancora. Ci deve essere tutta una cosa fuori dalle telecamere. Io gli lascio un modello, poi sta a loro gestirlo. Quello che mi è piaciuto è che ho incontrato tanta buona volontà».

Ma il problema dei ristoranti è solo gestionale?

«C'è chi pecca di presunzione. Ma la presunzione passa subito appena gli fai vedere come si fa. Esiste però anche un problema legato a istituzioni e territorio. Qui da noi i costi di gestione sono altissimi e le infrastrutture non aiutano. Poi il livello delle tasse... fare ristorazione non lo consiglierei a un amico».

Lei quelli che soccorre li strapazza un bel po'...

«Certo, perché ci tengo davvero... E quando ci tengo io mi arrabbio. Se devo dire che una cosa è una merda lo dico. Io vengo da un'epoca in cui per diventare chef te ne facevano vedere di tutti i colori. E serviva. Ho vissuto per anni con la valigia pronta per andare in ogni posto in cui si potesse imparare».

E MasterChef l'ha mai visto?

«Piaceva un sacco a mia moglie! E ho visto le ultime puntate. Divertente, ma attenzione: è un gioco, non bisogna dare l'idea che si diventi chef facilmente...».

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