Los Angeles. «Io ho una faccia così. Sempre arrabbiata. Posso essere comodamente seduto a pensare a un dipinto campestre e qualcuno guardandomi mi chiederà: Cos'hai? Sembri arrabbiato». Sarà per questo suo aspetto di eterno irritato o per i suoi episodi di intolleranza sul set, durante le interviste - che spesso abbandona - e con i fotografi, fatto sta che Russell Crowe, 56 anni e ormai parecchi chili di troppo addosso, appare perfetto nel ruolo di The Man, il protagonista de Il giorno sbagliato (in uscita il 24 settembre in Italia).
Unhinged, questo il titolo americano del film (il termine significa «fuori dai cardini», e indica in gergo una persona uscita di senno), racconta di un uomo la cui rabbia latente scoppia e cresce come un fiume in piena nel momento in cui una donna al volante da un colpo di clacson di troppo.
Diretto dal regista tedesco Derrick Borte, il film vede protagonisti l'attore neozelandese e Caren Pistorius, nei panni di una giovane madre single, costretta ad avere a che fare con la furia cieca di quell'automobilista incontrato in strada. Rispetto al film Un giorno di ordinaria follia, il successo del 1993 che vedeva Michael Douglas nei panni di un uomo qualunque che ad un certo punto si ribella al sistema, lo spettatore non proverà alcuna simpatia per il personaggio interpretato da Crowe, la cui violenza sembra più spietata, gratuita e spesso semplicemente sadica.
Non deve essere facile interpretare il ruolo di un uomo la cui cattiveria pare fine a sé stessa.
«Non lo è, questo personaggio mi faceva paura e infatti la mia prima reazione è stata di allontanamento. Non lo volevo interpretare, perché non c'è nessuna logica dietro le sue azioni, lui non ha alcun fascino, non c'è alcuna empatia, ma alla fine è stata proprio questa la ragione per cui ho detto di sì. Perché esistono persone così e allora è giusto interpretarle. C'è anche una ragione politica».
Ce la spiega?
«Siamo arrivati ad un punto in cui è diventato davvero difficile affrontare qualsiasi conversazione con chi non la pensa esattamente come te. Questo film dunque mi sembrava particolarmente adatto al momento».
Come il suo personaggio dice nel film, abbiamo sviluppato una totale incapacità a chiedere scusa.
«Esatto. La parola Sorry è uscita dal vocabolario, in qualsiasi occasione e per qualsiasi circostanza. Non è mai stato facile scusarsi, oggi sembra impossibile e questo film in qualche modo racconta questo stato delle cose. Per farlo avevo bisogno di un complice e l'ho trovato nel regista. La nostra relazione è stata semplice e efficace».
Del suo personaggio non è raccontata la storia ma si capisce che ha subito un divorzio, la sua stessa esperienza: l'ha aiutata a interpretarlo?
«Non direi. Io e il regista abbiamo deciso e siamo stati bene attenti che accadesse, di non giustificare in nessun modo il comportamento di quell'uomo. Il divorzio è un'esperienza dolorosa ma non giustifica la violenza, questo deve essere chiaro e con il regista abbiamo fatto in modo che lo fosse».
Come?
«Non concedendo al mio personaggio nemmeno un minimo di umanità. Doveva essere un uomo e purtroppo esistono esempi reali nel mondo che improvvisamente perde ogni capacità di ragionare, di avere empatia per il prossimo. Se lo avessimo umanizzato avremmo dovuto raccontare la sua storia, e il pubblico si sarebbe messo dalla sua parte, non doveva accadere».
E non accade.
«È completamente isolato dal mondo».
A proposito. Dove ha affrontato l'isolamento per la pandemia?
«Nella mia proprietà nei boschi dell'Australia insieme ai miei genitori».
E i suoi figli?
«Loro sono voluti stare a Sidney, avevano la scuola, ancora in presenza...».
Questo è uno dei primi film a uscire al cinema dopo il lockdown
«Ce n'era bisogno. La visione di un film resta un rito collettivo che perde buona parte del suo fascino nello schermo di casa».
L'anno scorso, durante i fuochi che hanno colpito l'Australia, la sua proprietà ha subito danni.
«Per fortuna allora nessuno dei miei famigliari è rimasto ferito, ma la situazione era drammatica».
Come ora lo è in
California.«E vorrei che fosse davvero chiaro a tutti che quello che sta succedendo nel mondo è causato dal riscaldamento globale. Dobbiamo agire e dobbiamo farlo su basi scientifiche, se vogliamo salvare il pianeta».
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