Nel mondo Extraliscio "forse le vite giuste sono quelle stonate"

Ecco la storia punk della band che coniuga liscio e jazz. Dalle balere fino a Sanremo

Nel mondo Extraliscio "forse le vite giuste sono quelle stonate"

Nel 2014 mi chiama questo tal Mirco Mariani, un tizio che non conoscevo. Ha scritto un brano, mi dice, con cui vuole partecipare al Premio Tenco o roba del genere. «È un pezzo bellissimo», continua al telefono, «e voglio che lo incida tu».

«Guarda che io non posso decidere niente», gli rispondo. «Faccio parte di un'orchestra e in un'orchestra deve decidere il capo orchestra, che in questo caso è Conficconi Moreno».

«Intanto posso almeno fartelo sentire?» squillava lui dall'altra parte. «Vengo dove vuoi».

«Va bene. Allora io abito a Lugo. Ci vediamo nel parcheggio dell'hotel che trovi appena fuori dal casello di Faenza».

Prima dell'incontro io inizio subito a fare sondaggi nel mio ambiente musicale. Oh, nessuno mi sapeva dire chi era questo Mariani e cosa faceva. Quindi chiamo Moreno: «Ma allora cosa faccio?».

«Incontralo pure, e senti bene cosa vuole». Non lo conosceva neppure lui.

Appena ho visto Mariani scendere dalla macchina, insieme a cani e bambine, questo s'è buttato in terra, m'ha preso la mano e ha attaccato a baciarla. «Grande Mauro Ferrara», diceva, «tu sei un mito!». Io ho pensato: «Quest ché am'ciapa par al cul». («Questo qui mi prende per il culo»)

Andiamo nella mia macchina, mi fa ascoltare il brano La vita mia. Mi passa anche un foglietto, che conservo ancora, con il testo stampato e un appunto a penna di fianco al titolo: «Mirco Mariani di S. Piero in Bagno». Il testo lo trascrivo qui:

AAAHHHH la vita mia

Verrà con te verrà con te

La vita mia

Se dà e ridà

Un canto che porta via

Verrà con te sarà contenta

AAAHHHH la vita mia

Estrae il cd e mi fa: «Ti piace?».

Io gli rispondo: «Se devo essere sincero, non lo sento mica tanto nelle mie corde».

Ero abituato a Tom Jones, a Ranieri e Morandi. Questa invece era roba cantata in modo tutto particolare.

«Ti lascio il cd», fa lui, «riascoltatelo con calma».

Riprendo la macchina e telefono a Moreno: «Mi ha fatto sentire un brano ma io non me lo sento mica tanto mio».

«Fammo come vuoi», mi risponde lui.

Questo Mariani non lo conosceva nessuno: perché dovevo cantare una sua canzone? Il giorno dopo lo richiamo e gli dico, un po' come scusa: «Grazie ma non voglio fare un torto a Conficconi». Passa del tempo, non ho appuntato quanto, potranno essere state cinque o sei settimane. Mi telefona Moreno: «Stasera vieni a cantare al Teatro Rossini di Lugo?».

«Perché?» faccio io.

«Ci suona quel Mariani, la sua orchestra si chiama Shaloma Locomotiva».

«Mo che nome è?».

«Ci saranno anche Paolo Fresu, Jimmy Villotti e Mitchell Froom».

«Boia!» dico io.

Anche se abitavo già a Lugo da decenni, io al Teatro Rossini c'ero entrato solo una volta, con Carla, per la conferenza di un chirurgo estetico. Quindi vado tutto circospetto dietro al palco, in punta di piedi, le spalle strette, guardandomi attorno. Fresu, mai visto dal vivo in vita mia, con le sue belle basette grigie, mi vede dalla distanza, mi punta addosso la tromba e urla: «Ferrara!». Ci son rimasto di merda. Sbuca da non so dove Mariani e urla anche lui: «Dai dai dai che facciamo un pezzo assieme! Lo vuoi capire che sei l'idolo dei miei genitori?».

«Mo va là», dico io. «Sei la mia vita», dice lui. «Me l'ero legata al dito che non ci stavi a cantare i miei pezzi». Mi sistemo il bavero della giacca, mi pettino, e gli dico: «E cosa canto, Romagna mia?».

«E se invece facessimo Romagna e Sangiovese, con Moreno al clarinetto?».

Ed eccomi lì a cantare in mezzo a strani apparecchi. Simonini Massimo ne adoperava uno che mi pare si chiami Traminer: pensavo tirasse dei fili trasparenti e invece poi ho capito che usava solo le mani, niente fili. Un altro tizio passava le dita su dei bicchieri pieni d'acqua. Boh, pensavo, si farà così. La sensazione? Niente. Io dovevo cantare il mio brano come sempre. Anche se quando è partita la musica... be', quando è partita la musica a dire il vero ero emozionato... perché io sono emotivo anche se non sembra e poi cantare con musicisti del genere, musicisti del genere che sapevano il mio nome... al teatro... alzo la testa e vedo le tre file di palchi, tutti bianchi e luccicanti per i grandiosi lampadari di cristallo, sembra la bocca di una bestia brasiliana aperta in una nota lunga... e poi la luce si è spenta... e ho ancora qui con me una foto di quella sera in cui canto con gli indici tesi verso il pubblico... e ancora adesso mi commuovo... quei suoni così strani, sconosciuti, incontrollabili, eppure quella melodia così antica e cara... e forse là ho sbagliato qualche nota... perché... perché mi fidavo del buio che avevo davanti... ma pensare che grazie a questa stecca della vita che sono gli Extraliscio...

che grazie a questa stonatura io poi sarei andato a Sanremo come sognavamo quando spolveravo e lavavo i pavimenti con la mia mamma là giù in Brasile... pensare a tutto questo mi fa dire... mi fa dire che forse le vite giuste sono stonate.

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