Nella neolingua femminista "man" è una parolaccia

Gli uomini (fratelli compresi) diventano prefissi dispregiativi. E chi non ci sta finisce... "incel"

Nella neolingua femminista "man" è una parolaccia

Se vi dicono che state facendo manspreading, sapete di cosa vi stanno incolpando? E se invece vi accusano di bropriating, avete idea di che cosa abbiate combinato? Se la risposta è no, allora questo è il glossario di cui non sapevate di avere bisogno, ma di cui non potrete più fare a meno. È il risultato di una lunga e sistematica ricerca che ho intrapreso, con la mia mentalità scientifica, nel tentativo, quanto mai senza speranza, di capirci qualcosa tra le nuove parole inventate in nome di una non meglio specificata causa politicamente corretta o femminista, o tutte e due le cose messe insieme. Alcune, molte, di queste parole sono partite come hashtag su Instagram o Twitter per poi diventare dei trend e, di conseguenza, delle battaglie fondamentali per l'umanità.

Si inizia con manel, termine utilizzato per definire un panel formato da soli uomini (men), neologismo diventato bandiera di tutte le battaglie contro la discriminazione di genere nella scelta dei partecipanti a giurie, comitati, gruppi o eventi in generale. Per quanto si tratti di una giusta causa, bisogna stare attenti a non generalizzare e specialmente a non perdere di vista il merito e l'uso del buon senso. Per esempio, è inutile strillare contro i manel di oggi per poi rimanere del tutto indifferenti, anzi accettare e andare a Milano nel refettorio di Santa Maria delle Grazie ad ammirare uno dei manel forse più famosi della storia, dove il direttore del comitato è lì a spezzare il pane e dispensare vino agli altri dodici membri, tutti rigorosamente maschi.

Almeno nell'Ultima cena sono tutti seduti più o meno composti e non possono certo essere accusati di manspreading, comportamento tipico di un uomo che allarga eccessivamente le gambe prendendosi troppo spazio sull'autobus, sulla metro, in aereo, al cinema, a teatro o in tutti i posti pubblici dove si sta seduti vicini, che sono in ogni caso dei brutti posti perché è sempre meglio stare seduti lontani e in posti non pubblici. Credo che però la pandemia abbia efficacemente risolto questo modo di fare maschile, percepito come una barbarica invasione dello spazio vitale delle femmine. Per quanto mi riguarda, purché venga mantenuto il distanziamento sociale, gli uomini possono allargare le gambe quanto vogliono. (Non c'entra con i femminismi, ma, a proposito di distanziamento, viaggiando da Edimburgo a Milano, facendo scalo a Amsterdam, ho notato che la distanza raccomandata diminuisce progressivamente da due metri nel Regno Unito, a un metro e mezzo in Olanda, fino ad un metro in Italia, da cui si deduce scientificamente che la gittata di starnuti e sputacchi si accorcia con la latitudine).

Continuando con il nostro glossario, finché un uomo, pur in un comitato e a gambe aperte, sta zitto va ancora bene, è quando inizia a parlare che cominciano i problemi. Manterrupting è l'atteggiamento arrogante di un uomo che interrompe una donna mentre sta parlando e non lascia che finisca quello che stava dicendo. Di solito, alla terza volta (le prime due do il beneficio del dubbio) che qualcuno mi interrompe, maschio o femmina che sia, lo mando a quel paese e dico quello che devo dire senza stare lì ad inventarmi una nuova parola per giustificare e legittimare l'interruzione.

Tuttavia, se perseverate con il manterrupting, potreste finire con il fare mansplaining, cioè dare spiegazioni non richieste e paternalistiche a una donna. Ritengo che la cosa più bella del mansplaining siano le traduzioni italiane proposte, ne ho trovate almeno due: maschiarimento oppure minchiarimento, un chiarimento, letteralmente, del cazzo. Qui il problema mi sembra più sostanziale che sessuale e mi spiego con un esempio. Di questi tempi ci ricordano spesso che è importante lavarci bene le mani, ma voi lo sapete perché i saponi ci puliscono le mani? Ci riescono grazie a delle molecole chiamate tensioattivi che, nella loro struttura, hanno una parte idrofila, affine all'acqua, e una parte lipofila, affine ai grassi, cioè allo schifo vario e eventuale. Grazie a questa particolare struttura, lo sporco, altrimenti insolubile, viene inglobato, incapsulato e trasportato via sotto l'acqua e noi rimaniamo con le mani pulite. Ecco, vi siete sentiti minchiariti o, meglio nel mio caso, vaginaspiegati? No, perché è una spiegazione fatta con il cervello, un brainsplaining (questa volta una parola nuova la invento io), che è l'unica cosa che dovrebbe contare, a prescindere dal fatto che il cervello sia maschio o femmina.

Ma, continuando imperterriti nel vostro mansplaining, vi potreste trovare anche a fare del bropriating (dall'inglese bro/brother, fratello, e appropriating, appropriarsi), apparentemente una condotta molto comune nell'ambiente di lavoro. Il bropriating succede quando un uomo si appropria dell'idea messa a punto da una collega donna, come se ne fosse lui l'autore, prendendosene il merito. Ancora una volta, io non trovo che sia necessario un neologismo per questo comportamento, un uomo che si comportasse in quel modo con me lo chiamerei semplicemente stronzo.

Comunque, nel caso vi riconosciate in uno o più dei comportamenti descritti fin qui allora sareste quasi sicuramente un incel (involuntary celibate): trattasi, letteralmente, di un celibe involontario, cioè di un esemplare appartenente ad un gruppo di maschi bianchi misogini, narcisisti, frustrati, insicuri e con gravi problemi psicologici in quanto non ricevono il sesso che credono di meritare.

E qui niente, non vi posso aiutare, sono cazzi vostri. Però, ora, con questo glossario essenziale, non potrete più dire di non conoscere i neologismi femministi e se non vi piacciono, amen, anzi no, adesso bisogna dire a-woman.

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