Nessuno racconta la cattiva strada come fa Japrisot

Andrea Caterini

In Italia Sébastien Japrisot (1931-2003) è uno scrittore quasi sconosciuto. Al suo nome è legato un romanzo la cui ultima edizione risale al 2005, Una lunga domenica di passioni, storia d'amore e di guerra da cui è stato tratto anche un film con lo stesso titolo. Japrisot è stato uno scrittore che ha alternato l'attività cinematografica, lavorando come sceneggiatore e come regista, con quella letteraria, costruendosi una carriera da traduttore e da giallista,  negli anni Sessanta Feltrinelli ha pubblicato diversi suoi libri, tra cui Trappola per Cenerentola e La signora dell'auto con gli occhiali e il fucile. Ma i suoi gialli, come dichiarò in un'intervista, tendono sempre al romanzo psicologico, interessato com'era più agli eventi che sopraffanno i personaggi che agli omicidi da risolvere. E sono proprio quegli eventi inaspettati, travolgenti il nucleo del suo primo romanzo, La cattiva strada (Adelphi, traduzione di Simona Mambrini, pagg. 220, euro 18).

Quando sentiamo parlare di giovani scrittori (che magari hanno quarant'anni) spacciati come nuovi talenti di cui presto sentiremo grandi cose, dovremmo sempre tenere a mente che nella storia della letteratura c'è stato chi, a diciassette, diciotto anni, ha scritto capolavori: Rimbaud, certo, e, per dirne un altro, Alberto Moravia (che a diciassette anni aveva già scritto Gli indifferenti, che anticipa tutta una letteratura esistenzialista). La stessa cosa è accaduta a Japrisot che, scrivendo La cattiva strada (pubblicato in Francia nel 1950), mostrava una consapevolezza dei suoi strumenti fuori dal comune per un diciottenne. Se in patria il romanzo fu ignorato, nonostante un lettore d'eccezione come Roger Nimier, che ne riconobbe subito il talento, negli Stati Uniti, dove venne immediatamente tradotto, ebbe un successo clamoroso. Solo molti anni dopo la sua prima comparsa, nel 1966, il libro venne apprezzato anche in Francia, aggiudicandosi il Prix de l'Unanimité.

La storia del libro è presto detta. Un adolescente di quattordici anni, Denis, e una ragazza di ventisei, Claude, si innamorano perdutamente. La differenza d'età è certo un grosso problema (anche legale), ma non il maggiore, perché oltretutto lei è una suora. Quello che vivono entrambi per la prima volta li travolge. Leggendo ci si domanda cosa significa esattamente questo rapporto che la famiglia di lui, l'ordine ecclesiastico, le persone del paese in cui a un certo punto fuggono insieme, insomma tutti trovano riprovevole. La risposta potrebbe essere questa: che l'amore spezza ogni ordine costituito, ogni regola, ogni precetto. Credo però che ci sia dentro qualcosa di più profondo che intuisce Japrisot. La madre superiora a un certo punto dice a Claude: «Che Dio la perdoni».

La risposta della ragazza è fulminante: «Mi ha già perdonato». In queste due battute leggiamo la tensione contenuta in tutto il libro. Dio non nega la vita, per questo Claude, e con lei Denis, comprendono che vivere veramente è sapersi liberare da ogni senso di colpa.

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