Ogni nota è offuscata dal regime sovietico, vita di Sostakovic sotto il tiranno Stalin

Julian Barnes racconta il lento piegarsi del musicista alla dittatura

Ogni nota è offuscata dal regime sovietico, vita di Sostakovic sotto il tiranno Stalin

Se è facile immaginare perché i regimi totalitari abbiano sempre messo la museruola agli scrittori, più difficile comprendere cosa ci fosse di sovversivo nei quadri di Klee o di Kandinskij per Adolf Hitler, e perfino nel futurismo per Benito Mussolini (essendo stato Marinetti tra i primi simpatizzanti del fascismo), così come il suprematismo sovietico, presto cancellato da Stalin (dava fastidio anche il Quadrato bianco su fondo bianco di Malevic). Unica motivazione: tutta l'arte doveva essere propaganda. Non per altro il realismo socialista e quello fascista si assomigliano molto. Ancor più complesso capire come la musica, di per sé, possa essere controrivoluzionaria, e riandare per esempio a quel 29 gennaio 1936 quando la terza pagina della Pravda attaccò l'esecuzione della Lady Macbeth del distretto Mcensk tenuta al Bol'soj da Dmitrij Sostakovic, uno dei più grandi musicisti di tutti i tempi. Titolo dell'articolo Caos anziché musica (figuriamoci se avessero assistito a un concerto di John Cage, al compagno Stalin sarebbero caduti i capelli e pure i baffi).

Julian Barnes dedica al musicista russo un romanzo, Il rumore del tempo (Einaudi, pagg. 192, euro 18,50) per ripercorrerne la biografia e i tormenti di una carriera. A leggerlo sembra la parafrasi di un romanzo di Kafka («kafkiano» è uno degli aggettivi più usati per recensire il testo, a cominciare dal New York Times), sebbene il grigiore rappresentato da Kafka brilli letterariamente proprio perché assoluto, mentre le pagine su Sostakovic tendono a dare all'opera di Barnes una componente soporifera, mortifera, di tragico immobilismo. Ma probabilmente questo è l'intento dell'autore, perché non c'è nulla di più plumbeo che vivere dentro un regime. Al centro della narrazione di Barnes, più che la censura di Stato, i controlli, gli interrogatori, le deportazioni, c'è il lento piegarsi di un uomo (se questo è un uomo, in versione comunista), lo svuotarsi progressivo per mancanza di coraggio, e la nozione stessa di coraggio, capovolta. «Essere vigliacco non è facile. Molto più facile essere un eroe. A un eroe basta essere coraggioso per un istante: quando estrae una pistola, quando lancia una bomba, attiva il detonatore, fa fuori il tiranno e poi se stesso. Essere un vigliacco significa invece imbarcarsi in un'impresa che dura una vita. Richiede costanza, fermezza, impegno a non cambiare, il che si risolve in una certa forma di coraggio».

A differenza dei grandi libri storici sugli orrori sovietici, a Barnes interessa mettere in scena il giorno per giorno del conformarsi a un sistema, ribaltando la posizione di Stravinskij, fuggito negli Stati Uniti, rispetto al sottomesso Sostakovic. «Aveva anche imparato come si può distruggere l'anima di un uomo.

Un'anima può essere distrutta in uno dei seguenti tre modi: attraverso ciò che fanno gli altri; attraverso ciò che gli altri ti costringono a fare a te stesso; e attraverso ciò che tu decidi di farti. Ognuno di questi metodi è di per sé sufficiente; certo in presenza di tutti e tre, il risultato è impareggiabile».

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