Uno così oggi figurarsi. Uno come Marvin Lee Aday, morto ieri a 74 anni a Nashville forse per complicazioni legate al Covid, faticherebbe a superare le forche caudine dell'immagine, dei social, del body shaming perché non era proprio longilineo e persino del «nickname shaming» visto che il suo nome d'arte, diventato quello della sua band, ossia Meat Loaf sta per «polpettone», capite? E invece nel 1977 il suo Bat out of hell si è trasformato in uno dei più sensazionali successi musicali di sempre visto che, con oltre 43 milioni di copie, risulta essere il quarto più venduto di tutti i tempi dopo, scusate se è poco, Thriller di Michael Jackson, Back in black degli Ac/Dc e The Dark side of the moon dei Pink Floyd. Uno di quei casi che fanno della musica leggera un campo dei miracoli dove tutto è possibile.
Tanto per capirci, nessuna etichetta voleva pubblicare il monumentale disco di questo attore/musicista nato a Dallas nel 1947 che si era fatto conoscere con il non memorabile Stoney & Meatloaf del 1971 e poi era diventato Eddie nel musical The Rocky Horror Picture Show prima di creare una coppia sulla falsariga di quella tra Elton John e Bernie Taupin. In poche parole, Jim Steinman (morto anche lui da poco, nell'aprile del 2021) ha scritto tutti i brani con istinto wagneriano e Meat Loaf li ha cantati con la sua vocazione da musical e la voce da amante del rock più barocco e pomposo. Una combinazione così imprevedibile che nessuna casa discografica voleva metterci un centesimo. Decise di farlo soltanto la allora neonata Cleveland International Records, vicina alla Epic Records che disprezzava quella musica. Risultato: 14 milioni di copie solo negli States. Un successo iniziato lentamente ma consolidatosi così tanto che Bat out of hell è stato uno dei due dischi più a lungo presenti nelle classifiche di vendita. Facciamo due conti: Bat out of hell è stato in classifica in Gran Bretagna per 474 settimane, ossia quasi dieci anni, sorpassato solo da Rumours dei Fleetwood Mac, 477. Neppure Marvin Lee Aday, che nel 2001 ha cambiato il nome in Michael, si sarebbe aspettato un successo così globale e difatti non fece più il bis anche se con Bat out of hell II del 1993 ci arrivò vicino e vinse pure un Grammy per I'd do anything for love (But I won't do that.
Ma l'artista per brevità conosciuto come Meat Loaf non era solo un cantante. Era pure un attore. E un giocherellone che grondava umorismo assai british ma pure molto savoir faire. Sul set recitò in una ventina di film, molti dei quali lontani dalla sufficienza (ad esempio Spice Girls - Il film del 1997) ma altri con ruoli decisivi e comunque interessanti come in Fight Club di David Fincher del 1999 o Pazzi in Alabama di Banderas sempre dello stesso anno. Ed è passato anche attraverso le serie tv più famose sia in persona (ad esempio Un giustiziere a New York, Dr House, Glee) che come animazione (South Park del 1998).
Però mica si è fermato qui.
A Meat Loaf, che quando lo incontravi era gentilissimo, piaceva sorprendere raccontando e ricamando episodi forse vissuti, forse sentiti, forse solo immaginati chissà. Ad esempio raccontò che la sua auto venne sequestrata da un agente dell'Fbi che doveva raggiungere l'ospedale dove stavano portando John Fitzgerald Kennedy quel 22 novembre 1963 dopo i proiettili a Elm Street (però aveva appena compiuto 16 anni). Oppure che, sempre in auto aveva caricato Charles Manson che faceva l'autostop. O che era tifosissimo dell'Hartlepool United della quarta divisione inglese (del quale probabilmente non sapeva nulla).
In realtà, Marvin Lee Aday detto Michael ha avuto una vita meno agiata di quel che può sembrare (il disco Bat out of hell gli fruttò «solo» 600mila dollari), sfortunata il giusto (una bancarotta e una serie di guai fisici come la sindrome di Wolff-Parkinson-White) ma artisticamente così tanto memorabile da essersi trasformata in una favola, quella dell'artista anonimo che è passato alla storia meritandoselo.
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