Plummer, l'il vecchio ebreo che dà la caccia alla SS

Nonostante il tema supersfruttato, Egoyan gira uno splendido film tra thriller e meditazione. I protagonisti novantenni sono da premio

Plummer, l'il vecchio ebreo che dà la caccia alla SS

Un Christopher Plummer da Coppa Volpi per il miglior attore e un Atom Egoyan regista impeccabile hanno fatto di Remember , ieri in concorso, la sorpresa di un festival interessante, ma finora senza scosse. Un thriller che è in realtà una meditazione sulla storia, le responsabilità individuali e la memoria, dove i suoi novantenni protagonisti inseguono i propri fantasmi e le proprie ossessioni, costretti a misurarsi con il tempo, i suoi guasti, i suoi cambiamenti. Dopo Francofonia , Beast of no Nation , El Clan , Rabin , The Last Day , la Mostra chiude la sua rilettura del cosiddetto «secolo breve» andando nel cuore di tenebra della Seconda guerra mondiale: nazismo, Olocausto, vendetta, perdono e giustizia.

In una residenza americana per anziani, Max, un ebreo sopravvissuto ad Auschwitz, scopre che la SS che assassinò la sua famiglia vive anch'essa negli Stati Uniti, un nome nuovo e una nuova identità, quella di Rudy Kurlander, oramai da settant'anni. Costretto su una sedia a rotelle, incarica così un altro ospite della casa di riposo, Zev, che fu con lui nel campo di sterminio e come lui ebbe i genitori uccisi, di trovare fra quattro possibili sospetti il guardiano nazista che segnò la loro vita. Individuatolo, lo dovrà uccidere. A quell'età, non c'è più tempo per estradizioni, processi, condanne: il rischio è che il «colpevole» nel frattempo muoia, così come del resto il suo «giustiziere». Zev ha già le prime tracce di Alzheimer, dimentica nomi e luoghi, spesso non ricorda che sua moglie è morta. Max no, Max è più che mai lucido, ma oltre a non poter camminare, per respirare è costretto all'ossigeno. Sarà dunque la «mente» che guiderà il «braccio», sempre più malfermo, dell'amico: promemoria scritti, telefonate, pianificazione degli spostamenti. Basta che Zev segua le indicazioni, che esegua gli ordini.

«Fra dieci anni, film così non saranno più possibili, diventeranno film d'epoca, potranno essere girati solo al passato», dice Egoyan. «Zev, Max, Rudy sono, per età, gli ultimi testimoni ancora viventi di quei tragici anni. Ne avevano più o meno venti quando si ritrovarono su sponde opposte, da vittime e da carnefici, e settant'anni dopo il loro passato ritorna, ma a patto di un presente non sempre in grado di ricordare ciò che è stato e che intanto ha lavorato per cambiarli rispetto a ciò che erano. Chi come voi giornalisti ha visto il film, sa che la sua chiave è nella memoria, i suoi traumi, le sue amnesie. Benjamin August, alla cui sceneggiatura perfetta si deve Remember , mi ha raccontato che, avendo sposato una vietnamita, è rimasto sorpreso di come nella famiglia della moglie gli orrori della guerra del Vietnam fossero stati completamente rimossi, quasi che quel conflitto spaventoso non fosse mai esistito. Ecco, Remember è anche questo: svelarne di più non mi sembrerebbe corretto verso chi non lo ha ancora visto».

Senza dire altro, Remember è un perfetto meccanismo a orologeria dove preda e cacciatore si assomigliano più di quanto, nei rispettivi ruoli, ciascuno voglia e possa ammettere. Non è tanto la «banalità del male» di arendtiana memoria a tenere banco, quanto qualcosa di più complesso dove l'estremismo, religioso, ideologico, razziale, ha nella sua fissità, nell'incapacità a comprendere l'altro da sé, qualcosa di primordiale, non umano, ovvero troppo umano.

Ottantacinquenne in ottima forma nella vita, Christopher Plummer disegna sullo schermo un novantenne incerto nei movimenti, introverso, senilmente fragile e con l'innocenza un po' infantile di chi, avendo conosciuto il male, ha deciso di negarne l'esistenza.

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