I romanzi d'amore contemporaneo probabilmente presto si divideranno in due tipi: prepandemici e postpandemici. Quello dello scrittore David Szalay, nato a Montreal, vissuto in Gran Bretagna e ora cittadino ungherese, di cui si tratta in queste righe si svolge prima, cioè una quindicina d'anni fa (pubblicato nel 2011, esce da noi solo adesso, sulla scia di altri successi dell'autore pubblicati da Adelphi) e soprattutto si svolge in un inizio di primavera, e infatti s'intitola Primavera (Liberilibri, traduzione di Anna Rusconi, pagg. 312, euro 18).
Attentissimo agli intrecci e alla costruzione degli ambienti, Szalay mette in scena tre personaggi principali, nella Londra di oggi: Katherine, trentenne che lavora alla reception di un albergo di lusso, volendo fare esperienza in attesa di gestire un giorno o l'altro un albergo tutto suo in una località turistica di mare; James, giovane uomo con l'attitudine all'investimento economico anche sconsiderato e all'azzardo, già fondatore di una start up che lo aveva visto ricchissimo sulla carta, ora fallita, e oggi in cerca di una vita media e di una donna; e Fraser, ex marito di lei, un fotografo con ambizioni artistiche, ma che sbarca il lunario come paparazzo.
Tutt'e tre si muovono in una Londra che sta uscendo dalla caligine dell'inverno, dove questa benedetta primavera sembra non arrivare mai, tra scrosci di pioggia e riscaldamenti che si affannano a prosciugare l'umidità di appartamenti angusti. James è l'unico a non nutrire grandi sogni, dovendo inventarsi un modo per svoltare la giornata, a costo di inoltrarsi in una losca storia di corse di cavalli, insieme a personaggi improbabili e velleitari.
In una finzione realistica molto attenta ai dettagli, Szalay mette il lettore di fronte a esseri umani gravati da quello che in inglese si chiama self-entitlement, cioè la convinzione di aver diritto a molto senza particolari fatiche. Questa Katherine è quasi da subito insopportabile, indecisa com'è se concedersi, e quanto, all'uno o all'altro dei due. Tra loro non si dicono «Ti amo», ma «Credo di amarti», poi non sanno neanche più quello che credevano di sapere. Fra l'insipienza di James, le lagne di Fraser, e i dietro front di lei, vien voglia di prenderli tutti a calci nel sedere. Tra l'altro tornano alla memoria (per chi c'era nei primi anni Novanta) i dialoghi della canzone Cara ti amo degli Elio e le storie tese, con un lui completamente asservito a una lei che lo fa diventare matto con le sue continue contraddizioni e giravolte.
E forse l'intento dell'autore è proprio questo: mettere chi legge in uno stato di disagio, facendogli desiderare però di andare avanti per vedere come andrà a finire. Anche le circonvoluzioni di James insieme ai suoi soci balordi, per produrre un film fallimentare, o tenere in comproprietà una cavalla da corsa da destinare a scommesse pilotate, hanno sempre un che di deprimente velleitarismo.
La luce grigia dell'incertezza si diffonde ovunque e si riverbera nei dialoghi, fra un «Perché non resti?» e «Non voglio dover decidere» e «Che c'è? Che cos'hai?» e «Voglio tornare a casa». Tutto un su e giù di sentimenti che non vanno mai a parare da nessuna parte. Il milieu è quello della borghesia urbana mediopiccola, con le sue nevrosi fatte di apparenze, invidie, e del desiderio di migliorare la propria posizione sociale. James subisce invece la degradazione di passare dall'esclusività effimera di Victoria Road a un quartiere ben più periferico. Il sogno della donna, che appartiene solo tangenzialmente a un ambiente di lusso, è quello di un'esistenza esotica. Insomma, ognuno fa quello che può, nel compromesso quotidiano con i propri scopi, in un libro che si rivela denso, stratificato, inquietante.
Nel frattempo, dello stesso autore Adelphi ha ristampato quest'anno Tutto quello che è un uomo (trad. Di Anna Rusconi, pagg. 402, euro 14) e Turbolenza (trad. di Anna Rusconi, pagg. 128, euro 15). Il primo narra la vita di nove maschi, a diverse età, che si muovono per l'Europa, anche loro all'eterno inseguimento di desideri insoddisfatti. Il secondo è un combinato di dodici racconti riferiti ad altrettanti personaggi legati da un filo comune, arrivi e partenze dal terminal di un grande aeroporto.
Il tema dell'amore, in questo scrittore molto apprezzato dalla critica è, per
tornare al concetto iniziale, tanto postmoderno quanto prepandemico. Siamo in un mondo di spostamenti facili e di altrettanto facili squilibri. Qualcosa che potrebbe essere mutato per sempre, non necessariamente in peggio.
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