E ti pareva. Zumpappà, signore e signori il Covid è sbarcato anche al Festival di Sanremo. Prima della prima. Nel pomeriggio di ieri un collaboratore di Irama è risultato positivo al tampone e quindi il cantante, che avrebbe dovuto debuttare ieri sera, è uscito dalla scaletta per farsi tamponare pure lui (al suo posto sul palco la splendente Noemi).
Irama sarà in gara stasera, esito permettendo, nonostante qualcuno ipotizzi una quarantena obbligatoria e quindi bye bye gara. Vedremo. In ogni caso, tutto come da copione, il Festival è partito nel nome del Covid esattamente come si prevedeva (purtroppo). Al virus non si scappa neanche in una bolla come quella sanremese che, pur con qualche inevitabile ma criticabile falla, è molto protetta.
Per capirci, qui non è come la Darsena a Milano, non c'è movida e la polizia ha pure inseguito Orietta Berti perché viaggiava pochi minuti dopo l'inizio del «coprifuoco». I controlli sono assidui.
E quasi tutti i cantanti (e i loro staff) mangiano in casa o isolati in camera d'albergo senza uscire quasi mai. Eppure. Perciò ieri sera la longa manus del Covid faceva ombra sul palco dell'Ariston già quando il sontuoso Fiorello ha inaugurato il Festival con Amadeus indossando un mantello stile Freddie Mercury rivisto in versione Achille Lauro: 22 fantozziani chilogrammi! Subito battute: «Su i braccioli» alla platea di sedie vuote. «Una poltrona senza culo è come Zingaretti senza la D'Urso». Delle prime quattro Nuove Proposte sono rimaste Folcast e Gaudiano. La scenografia è spettacolare (grande Gaetano Castelli e figlia Chiara) con orchestra molto allargata a coprire in parte il vuoto della platea. E bravo Diodato a cantare la sua Fai rumore, che l'anno scorso ha vinto il Festival chiudendo ufficialmente l'era pre-Covid. Ora qui ci vuole almeno un po' di buonumore, ed è il piatto forte di questa edizione protetta da San Fiorello.
Ne porta un po' Matilda De Angelis, alla sua maniera sbarazzina ma sensuale. E lo fanno anche i cantanti, ovvio, con Arisa che inizia con quel popo' di voce (la migliore, impossibile negarlo) e poi con Colapesce e DiMartino con la canzone più rotonda e compiuta del Festival (ma l'esibizione non è granché) finché arriva il gigante (qui) buono, ossia Zlatan Ibrahimovic. È così imponente da far sembrare minuscolo persino Amadeus che minuscolo non è. Poi la serata fila via passando per l'infermiera Alessia Bonari (dotata di ufficio stampa come le star), la passerella di altri 11 cantanti (niente male Aiello, straripante Max Gazzé, sempre meglio Michielin Fedez), una Loredana Bertè con un medley di successi (convince la meravigliosa Mare d'Inverno scritta da Enrico Ruggeri, meno il resto) e l'inedito Figlia di, che ricorda Corazon espinado di Santana. Poi la vera glam star della serata: un Achille Lauro in versione «primo quadro» (dei cinque in totale) che ci aveva annunciato di essere «sessualmente tutto, genericamente niente». Un ambizioso manifesto d'intenti.
L'unico intento impossibile da realizzare a
Sanremo è accorciare la serata: anche la prima è stata infinita, terminando più o meno quando i fornai accendono i fuochi e quasi tutti hanno già spento l'abat-jour sul comodino sperando che domani sia davvero un altro giorno.
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